Di greggi, pecore e immunità

Il punto quotidiano della Protezione civile è ormai l’appuntamento più seguito di queste giornate strane, quasi scattasse un’adunata nazionale

Milano, 18 marzo 2020 - 

DOMANDA:

Ma come, non siamo i soliti italiani che si lamentano? Prima i francesi, ora anche gli inglesi iniziano a capire che questo virus non è una bazzecola. E sarà ancora peggio quando si dovrà procedere con la ricostruzione di un’economia non solo nazionale ma europea. Nicola M., Milano

RISPOSTA:

Il punto quotidiano della Protezione civile è ormai l’appuntamento più seguito di queste giornate strane, quasi scattasse un’adunata nazionale. Finora le notizie non sono state positive, sono notizie di opposizione e strenua resistenza perché al di là di tutti i problemi interni, la risposta a questo attacco è stata forte, decisa. Sono stati commessi degli errori? Può essere, ma non essendoci precedenti non si può neppure perdere tempo nel cercare di argomentare perché sono stati fatti. Meglio piuttosto guardare a cosa è stato fatto e cosa si sta per fare e farlo nel migliore dei modi. Il resto è solo esercizio accademico, come certe reazioni all’allarme che l’Italia ha per prima lanciato e alle misure che si è imposta. Alcuni illuminati paesi dirimpettai hanno pensato di fare satira, prima, per poi concludere che invece saremmo il Paese-modello. Altri invece hanno sciorinato la teoria dell’immunità di gregge, quantomai calzante per una nazione dove il rapporto è di una pecora ogni tre abitanti. Da queste risposte, pur nelle difficoltà, abbiamo ricevuto una lezione: oggi non si può rispondere a un problema globale in ordine sparso. Bisogna partire da qui, poi si costruirà il futuro.  ivano.costa@ilgiorno.net