Cesano Boscone, lavoratori in rivolta alla Sacra Famiglia

Nel mirino dei dipendenti il cambiamento delle condizioni contrattuali

A Cesano Boscone la protesta dei dipendenti della Sacra Famiglia

A Cesano Boscone la protesta dei dipendenti della Sacra Famiglia

Cesano Boscone (Milano), 16 novembre 2016 - Bandiere, striscioni e cori. «No all’Uneba», gridano i lavoratori che si sono radunati ieri mattina, davanti all’Istituto Sacra Famiglia di Cesano Boscone. Erano circa 200, sostenuti dalla maggior parte delle sigle sindacali che si sono schierate al loro fianco per gridare con forza il proprio no al cambiamento delle condizioni contrattuali.

«Più lavoro, mansioni aumentate, anche se non sono di nostra competenza, più ore da trascorrere all’interno della struttura e meno soldi e garanzie», lamenta uno dei manifestanti, Alfonso Ruggiero. Dello stesso parere Pierangela Dassa, anche lei mostra un cartello per dire «no al taglio degli stipendi. No alla mancanza di garanzie. No all’aumento di mansioni che penalizzano solo i nostri utenti. Siamo sempre meno, non veniamo affiancati da personale sufficiente da coprire le esigenze degli ospiti».

Ed è proprio la cura degli ospiti dell’istituto al centro delle polemiche dei lavoratori: «Ci prendiamo cura di loro, come fossero figli, fratelli, genitori - afferma Ivana Minniti - , come pensano che potremo occuparci ancora con la stessa attenzione che riponiamo quotidianamente? Tutto il tempo trascorso a svolgere mansioni che non ci competono, dal lavaggio delle stoviglie alla gestione del guardaroba, è tutto tempo di qualità sottratto ai nostri pazienti».

I manifestanti avevano espresso preoccupazione per il cambiamento del contratto, con il passaggio da quello Aris all’Uneba previsto per gennaio, già in occasione della visita dell’arcivescovo Angelo Scola. In quella giornata, il presidente di Sacra Famiglia don Vincenzo Barbante aveva assicurato che «nessuno perderà il posto di lavoro, continueremo con il dialogo e tutto si risolverà nel migliore dei modi». Parole che non avevano rassicurato i lavoratori: «In questi giorni incontreremo ancora la direzione - spiega Minniti - . Siamo aperti al dialogo ma non vogliamo scendere a compromessi che potrebbero ledere la nostra posizione professionale e soprattutto la qualità dell’assistenza dei nostri ospiti».

Tra i manifestanti anche Maria Dosprazeres Tavares: «Ho quasi 70 anni, dovrò lavorare altri 5 anni a queste condizioni. Come farò a prestare la giusta assistenza ai pazienti? I vertici dell’istituto non capiscono che così si penalizzano soprattutto gli ospiti della struttura?».