Bambina molestata in ambulanza, choc alla Croce: "Quel volontario era insospettabile"

I soccorritori difendono il collega arrestato: anche lui ha una figlia

Ambulanza (foto di repertorio Spf)

Ambulanza (foto di repertorio Spf)

Binasco (Milano), 24 dicembre 2017 - Un uomo buono. Una brava persona. Uno zio amorevole, marito attento, padre presente. Non sono le parole che descriverebbero un molestatore, ma sono quelle che i soccorritori della Croce Bianca Binasco, hinterland milanese, usano per descrivere il volontario che per molti, invece, è diventato «l’orco di Lacchiarella», il paese dove vive, poco distante dalla sede dell’associazione dove faceva il volontario.

In via Virgilio al civico 1 ci sono i mezzi posteggiati, le ambulanze che corrono appena il centralino squilla. Su una di queste è avvenuto l’episodio che ha scosso il mondo del volontariato, a partire dai vertici della Croce Bianca, la presidenza e la direzione: tutti si dicono «sconvolti». «Siamo senza parole - ripetono - un fatto agghiacciante». Si riferiscono a quello che è accaduto il 13 dicembre, quando il volontario della Croce Bianca di Binasco è stato arrestato dai carabinieri del Nucleo Radiomobile di Milano. L’accusa: violenza sessuale aggravata su minore. La minore è una bambina di 10 anni. La ricostruzione è da incubo: intorno alle 22.30 la mamma chiama il 118 per portare la figlia in ospedale, a causa di una febbre alta. Sull’ambulanza, il 50enne avrebbe toccato la piccola sul petto e nelle parti intime, nascondendo la mano sotto una cartellina. La mamma, che aveva già notato un atteggiamento troppo affettuoso del volontario, appena arriva all’ospedale San Paolo di Milano chiama i carabinieri che, dopo gli accertamenti, arrestano l’uomo. La Croce Bianca di Binasco è ancora sotto choc.

I volontari, colleghi del 50enne non ci credono. «Non può essere vero - sottolineano - non può essere andata così. È una persona generosa, fa il volontario da vent’anni. E poi, fare una cosa così atroce su un’ambulanza, con lo spazio ristretto che c’è, con la madre lì e i colleghi: bisogna essere pazzi, e lui pazzo non lo è». È un po’ il leitmotiv di chi lo conosce: «I suoi nipoti lo adorano, non è uno squilibrato, non è malato, non è mai accaduto nulla. La moglie sta ancora aspettando di poterlo vedere, anche la figlia. Una famiglia distrutta ma non è colpevole, non può esserlo». Una vita passata tra le lettighe, a fare le notti in ambulanza. «Magari la madre ha frainteso», ipotizza qualcuno. Che quelle carezze sopra il pigiama fossero solo gesti per tranquillizzare la piccola, per rilevare i parametri. E anche il collega a bordo dell’ambulanza, sentito dai carabinieri, «magari ha equivocato», dice chi lo conosce, chi lo difende. L’uomo, intanto, si dice innocente, «ha smesso anche di parlare, chiuso in se stesso». E rimane nel carcere di San Vittore, dove si trova ormai da dieci giorni.