L’infinita solitudine della "volpe": Rita Sozzi racconta la sua avventura

Rita Sozzi sta raccontando nel blog "Una volpe a pedali" la sua avventura: 6mila chliometri in bicicletta tra la Russia e la Mongolia

Rita Sozzi

Rita Sozzi

17 agosto 2017, Cornaredo (Milano) -  Tappa quarantasei: Krasnoyarsk - Ujar. «Gli occhi nelle fessure dell’hotel abbandonato, la meraviglia dei Sajani e la gentilezza che salva dal disumano». Si legge d’un fiato il resoconto del ferragosto siberiano dal blog di viaggio di Rita Sozzi, “Una volpe a pedali”, entusiasmante, ricco di immagini che raccontano le suggestioni di questa incredibile impresa nei paesi dell’Est: è meglio di una serie tv. «Che oggi sarebbe stata una tappa lunga e non linearissima si sapeva, ma che rischiassi di non uscirne integra no, non era in programma. – scrive Rita a cavallo di Ferragosto -. Già ieri ho detto quanto, da qualche giorno, il viaggio mi stia esponendo, seppure in misura controllata, alla durezza, alle asperità e alle difficoltà cui questa terra disumana espone. Le distanze, gli «spazi interminati», la natura che si riprende tutto ciò che è suo di diritto, il clima impossibile, i balzi di roccia in salita e «l’angoscia che dà una pianura infinita» tutt’intorno. Oggi, poi, per un problemino di contatti elettrici, mi si è scaricato subito il lettore mp3, fedele compagno di tante pedalate, e mi sono trovata a galleggiare in questi silenzi sì sovrumani, ma davvero, che possono donare la più azzurra quiete d’animo terso o possono far perdere il senno, andar via di testa, uscir matti».

E aggiunge «Tutto dipende da come si vive l’attimo». «Ci si trova da soli con le proprie paure e le proprie forze». «È un immenso specchio, la Siberia sconfinata. Non è un paese per deboli». Pedala in solitaria (200 chilometri al giorno), scrive (quotidianamente) e scatta foto Rita, detta “la Volpe a pedali” di Cornaredo. Ventisei anni, studi nelle lingue classiche, docente di lettere antiche con la passione per la bicicletta, sta percorrendo i seimila chilometri di terre sconfinate che separano Mosca da Ulan Bator, capitale della Mongolia. Un viaggio di due mesi, rientro previsto a settembre per l’inizio della scuola. Tutto in sella, dagli Urali alle steppe, sperando che il tempo le sia clemente. La chiamano “volpe” forse per quel tatuaggio sulla gamba, forse per quel suo fisico asciutto, per il colore caldo dei capelli o per il carattere schivo e solitario. A chi le ha chiesto come si affronta un viaggio simile senza paura ha risposto: «È più pericoloso entrare e uscire da Milano in bicicletta». I fan la sostengono dai social. «Come comunichi?», le hanno chiesto ieri. «Russo, inglese, tedesco, italiano, gesti, disegni, cifre scritte e google translate se c’è campo. No, non è facile», ha spiegato lei. «I tuoi racconti Rita sono come le serie di Netflix. Non vedi l’ora di leggere il prossimo» dice l’ultimo post della giornata.