Caso Sicignano: "La legge sulla legittima difesa va cambiata, così aiutiamo le vittime"

La presidente dell'osservatorio nazionale interviene sul caso di Francesco Sicignano, che sparò a un ladro albanese, uccidendolo

Elisabetta Aldrovandi

Elisabetta Aldrovandi

Vaprio d'Adda (Milano), 12 settembre 2017 - Due anni fa aveva sparato a un ladro albanese, uccidendolo; il 24 novembre dovrà presentarsi in tribunale, davanti al gip. Per Francesco Sicignano, pensionato di Vaprio d’Adda, nel Milanese, la procura aveva presentato richiesta di archiviazione. Ma i familiari del giovane morto hanno depositato istanza di opposizione.  Il 22enne albanese è stato ucciso sulle scale, sostiene il difensore. 
 
«Se il giudice accoglierà l'istanza, Sicignano sarà rinviato a giudizio per omicidio – traduce Elisabetta Aldrovandi, avvocato modenese, presidente dell’Osservatorio nazionale sostegno vittime –. Lo ripetiamo da mesi: l'articolo 52 della legge sulla legittima difesa va modificato. Non può essere che se una persona entra in casa mia con ovvie intenzioni malvagie o comunque criminose, io non possa difendermi o debba subire anni di indagini e preoccupazioni, di notti insonni, di soldi spesi in avvocati, per poi rischiare di essere imputato di omicidio. Ma ancora prima basterebbe un decreto del ministero della Giustizia, e di questo non parla mai nessuno, che creasse corsie preferenziali nei tribunali per giudicare più velocemente casi come quelli di Sicignano. Ci dovrebbero essere sezioni specializzate, con pm dedicati. Così, se ti capita una sventura di questo genere, in sei mesi sai già quale sarà il tuo destino».   
 
L’osservatorio – info@osservatoriosostegnovittime.com – da marzo garantisce in tutta Italia assistenza legale e psicologica gratuita, sono decine le persone seguite. Qual è la sintesi dopo sei mesi di lavoro? «Intanto le vittime sono abbandonate a loro stesse – non ha dubbi la presidente –. C’è interesse a far sì che non si uniscano, perché avrebbero molta più forza e voce. Invece una vittima da sola è indifesa, spesso non conosce i suoi diritti, combatte una battaglia in modo isolato».