Università, "no alla sede sotto casa. I distaccamenti costano salviamo quelli necessari"

Milano, le scelte della Bicocca. Che tiene Sondrio

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Milano, 17 gennaio 2018 -  «I ragazzi più si spostano e meglio è per loro, parto sempre da questo principio: mai scegliere quello che si fa perché è sotto casa: è un fallimento in partenza». Cristina Messa è rettore dell’Università Milano-Bicocca. L’ateneo, che in 20 anni ha cambiato volto a uno dei quartieri industriali della città, oltre alla storica sede monzese, oggi conta poli «distaccati» a Faedo, in Valtellina, e a Bergamo.

Decentramento sì o decentramento no?

«Sono molto contraria a creare tante sedi per andare incontro alle esigenze degli studenti. Capisco il problema economico, è vero, spostarsi costa, ma piuttosto affrontiamo questi costi cercando di agevolarli, dando borse. Non fermiamoci di fronte a un “oddio lontano da casa” perché è l’antitesi della gioventù».

Dal vostro osservatorio, quando le sedi distaccate hanno senso?

«Bicocca è nata già con Monza, i rapporti sono molto forti: si sapeva che Medicina sarebbe stata lì perché a Milano c’è già la Statale. Mica possiamo starci tutti addosso. C’è una logica territoriale: le sedi fisiche servono laddove c’è l’aspetto sperimentale e dove la presenza sul territorio è fondamentale. Si creano dove c’è una forte interazione fra università, territorio e regione. Altrimenti dobbiamo ragionare sul fatto che ormai si può giocare di tecnologie e insegnamento a distanza. Non ha più molto senso fare tante sedi fisiche se si possono fare sedi virtuali».

Da questa’anno però avete deciso di puntare anche su Bergamo, per Medicina in Inglese.

«Perché è un corso piccolino che richiede molta collaborazione e Bergamo era particolarmente pronta, era la triangolazione perfetta. Abbiamo unito la nostra esperienza a quella dell’ospedale e dell’Università di Bergamo, che desiderava completare l’offerta con materie di ingegneria, informatica. L’abbiamo scelta per l’incontro con istituzioni che avevano lo stesso fine. Al di là delle sedi fisiche, c’è tutto un ragionamento, come a Faedo».

In Valtellina. Si resiste?

«È una sede piccolina ma di grande prestigio, dove abbiamo il corso di laurea in Infermieristica. Lì il rapporto con il territorio è così positivo e collaborante che, nonostante la fatica di andare avanti indietro, vogliamo mantenerlo eccome. In Infermieristica c’è bisogno dell’aspetto fisico, non si può fare in e-learning, come per medicina, anche se alcuni corsi più teorici vengono fatti in teledidattica da tempo».

Più sedi, tutte da mantenere.

«Se ne vale la pena lo si fa, nonostante la fatica, appunto. Nessuno paga i docenti per fare avanti e indietro: se non c’è una forte volontà si rischia di disperdere le forze e di perdere l’identità».

Torniamo a Milano. Ci sarà una sede distaccata di Bicocca a Città Studi?

«Quando abbiamo ventilato l’idea di spostare là dei corsi di laurea i docenti non ne hanno voluto sentir parlare, perché c’è una tale interazione positiva qui fra i corsi che temono di venire isolati. Se invece parliamo di formazione terziaria, di contratti di ricerca, master e perfezionamento penso che essere in Città Studi e collaborare nelle ricerche con altri atenei, insieme a Statale e Politecnico, sia un argomento molto positivo. Non si può smettere di crescere anche se tutto deve essere fatto con logica».