L’incubo terremoti e la prevenzione che non decolla

"Di fronte al terremoto dell’altra notte sono in tanti a dire: perché non si è intervenuti prima?"

PER L'ENNESIMA VOLTA ci si è svegliati con davanti agli occhi le immagini di un’immane tragedia. Un altro terribile terremoto, interi paesi distrutti, case crollate e sempre nella stessa parte d’Italia. Quella già colpita da altri tremendi terremoti, dopo i quali si erano sprecate le parole di chi prometteva: «Mai più una tragedia come questa». E invece siamo ancora qui a dire che le case non erano a norma, che bisogna fare prevenzione. Ma che aspettiamo a farlo?

Maria - Lodi

LO SVILUPPO DELLE NOSTRE città ha portato, per soddisfare il fabbisogno abitativo, a costruire anche in aree a rischio, comprese le zone sismiche. Che spesso coincidono con le aree del Paese meno ricche economicamente, con tutte le conseguenze del caso. Non dimentichiamoci, inoltre, che le norme antisismiche sono arrivate solo nel 1970. Il progresso degli studi, purtroppo, non viaggia di pari passo con lo sviluppo demografico. Anzi, marcia a velocità diverse. Ora, di fronte al terremoto dell’altra notte, sono in tanti a dire: perché non si è intervenuti prima? Gli esperti, li ho sentiti io stesso, assicurano che si possono fare interventi di messa in sicurezza anche su edifici molto vecchi. Il problema è il come. Perché a volte un semplice collaudo non basta. Soprattutto in quegli edifici del dopoguerra costruiti puntando sul risparmio dei materiali. In questi casi, spesso, l’unica misura utile sarebbe la demolizione. Ma a monte servirebbero piani urbanistici ad hoc e incentivi economici per i residenti costretti a traslocare. È un’operazione complessa e costosa. Forse i Comuni dovrebbero finalmente decidersi a farla partire. sandro.neri@ilgiorno.net