Taxi e Uber, le regole sono necessarie

"Il nodo è far applicare o meno una legge (21/1992) che distingue e disciplina il servizio dei taxi da quello del noleggio e, soprattutto, di contrastare il fenomeno, dannoso per le categorie e pericoloso per i consumatori, dell’abusivismo"

Milano, 25 febbraio 2017 -

LETTERA

QUANDO VADO a trovare i miei amici nelle varie città europee utilizzo Uber. Sono anni che mi domando il perché anche qui in Italia non si possa scegliere di viaggiare utilizzando un servizio di trasporto privato che mette a disposizione automobili pulite e confortevoli a prezzi abbordabili per tutti prepagando la corse dall’app del cellulare. Sono anni che quando salgo su un’auto Uber all’estero, mi rendo conto che il nostro è un Paese in cui l’innovazione si scontra con la realtà delle lobbies e con un popolo conservatore e retrogrado. Celso Vassalini

RISPOSTA

LA QUESTIONE DEI TAXI non è recente e risale a molto prima dell’arrivo delle app di multinazionali come Uber. Il nodo è far applicare o meno una legge (21/1992) che distingue e disciplina il servizio dei taxi da quello del noleggio e, soprattutto, di contrastare il fenomeno, dannoso per le categorie e pericoloso per i consumatori, dell’abusivismo. Le sue legittime richieste di liberalizzazione, che si possono anche condividere, stridono con precisi obblighi posti in capo ai tassisti: la licenza (costosa) senza la quale non si può lavorare, i turni, le regole di un servizio pubblico. Per questo va accolto con speranza l’impegno preso dal ministro Delrio di porre mano una volta per tutte alla materia, regolando il sistema. Quanto alle lobbies, credo che ne esistano di tutti gli schieramenti. Da quelle che protestano in piazza e sospendono il servizio (in caso di liberalizzazione, anche i tassisti poi non dovrebbero più sottostare alle rigide regole del servizio pubblico), a quelle che dalla sera alla mattina riescono a far inserire emendamenti dentro maxi-decreti. sandro.neri@ilgiorno.net