Ragazzini violenti, il fallimento di un modello

"Ridurre il tutto a un comportamento deviante di pochi è riduttivo e non aiuta alla comprensione complessiva del problema"

DOMANDA: 

L’IMMAGINEdel ragazzino picchiato, a 13 anni, e pubblicata dal padre su Facebook, mi ha impressionato. Ho due figli adolescenti e sono insegnante. Tanta violenza gratuita, almeno secondo le notizie, non trova alcuna forma di giustificazione. I ragazzi tendono a seguire il gruppo, a volte secondo il solo criterio degli istinti più violenti. Mi chiedo, però, come tutti i protagonisti dell’aggressione non abbiano pensato di fermarsi. O forse qualcuno ci ha pensato, ma ha accettato le “regole” imposte dagli altri. Marco, Pavia

RISPOSTA: 

IL RISULTATO è sicuramente negativo e preoccupante. Conosco bene il fenomeno per i frequenti episodi che ci vengono segnalati, più o meno gravi. Ridurre il tutto a un comportamento deviante di pochi è riduttivo e non aiuta alla comprensione complessiva del problema. I giovani riproducono certamente i “modelli” che apprendono: gli stimoli violenti provengono oggi da troppe parti, senza alcun freno né controllo. Lei ha affrontato la questione della scuola, uno dei primi luoghi dove si manifestano i segni di aggressività fra pari. Conosco l’impegno di tanti docenti per affrontare e, dove possibile, arginare il “bullismo”, ma non bastano progetti e iniziative. I mezzi informatici, ad esempio, sono il veicolo più forte e meno controllabile di tali atteggiamenti. Il cyberbullismo è ormai parola nota a tanti. Pubblicare su Facebbok la violenza può risultare una “provocazione” positiva, ma credo che tanti giovanissimi non abbiano colto fino in fondo l’appello drammatico lanciato da un padre. Molti bambini passano intere giornate incollati a videogiochi la cui carica violenta è notevole. Forse i genitori dovrebbero cominciare da lì. sandro.neri@ilgiorno.net