L'Iran rinvia l'esecuzione del medico svedese accusato di spionaggio. La moglie: un incubo

L'impiccagione di Ahmadreza Djalali era prevista per il 21 maggio, ma negoziatori ai colloqui sul nucleare iraniano hanno chiesto uno stop agli ayatollah

Una protesta di piazza in Svezia contro l'esecuzione di Ahmadreza Djalali

Una protesta di piazza in Svezia contro l'esecuzione di Ahmadreza Djalali

Teheran - L‘esecuzione in Iran del ricercatore iraniano-svedese Ahmadreza Djalali, detenuto nel braccio della morte per presunto «spionaggio per il Mossad», seppur la sentenza di morte sia «definitiva», potrebbe essere rinviata su richiesta del suo avvocato, ha dichiarato il portavoce del ministero degli Esteri iraniano, Saeed Khatibzadeh. La sua dichiarazione segue l‘indiscrezione secondo cui l‘impiccagione di Djalali è prevista entro il 21 maggio e dopo la visita a Teheran del coordinatore dei colloqui di Vienna sul nucleare iraniano, Enrique Mora.

Il coordinatore ha chiesto il rilascio del ricercatore. Khatibzadeh ha detto inoltre che «l‘Iran non accetterà alcuno scambio», riferendosi alle voci secondo cui Teheran sarebbe pronta a scambiare Djalali con Hamid Nouri, il cui processo in Svezia si è da poco concluso per esecuzioni in massa di dissidenti nel 1988. Djalali, che ha doppia cittadinanza iraniana e svedese, fu arrestato nel 2016 e condannato a morte per spionaggio nel 2017.

 “Sto vivendo momenti terribili. Non si può nemmeno immaginare che incubo sia. E’ un incubo e un disastro per noi che non riesco a descrivere”. Lo dice all’Adnkronos Vida Mehrannia, la moglie di Ahmadreza Djalali, medico con doppia nazionalità iraniana e svedese ed ex ricercatore presso il Centro di medicina dei disastri (Crimedim) dell’Università del Piemonte Orientale la cui esecuzione, prevista in Iran entro il 21 maggio, potrebbe essere rinviata, come annunciato dal portavoce del ministero degli Esteri di Teheran.

 Ahmadreza Djalali, lo studioso svedese condannato in Iran
Ahmadreza Djalali, lo studioso svedese condannato in Iran

“Non riesco a concentrarmi. Non posso fare niente. Ho solo un enorme stress”, prosegue Mehrannia dalla Svezia, sostenendo che le autorità iraniane trattino il marito come merce di scambio per altri obiettivi. “Credo che mio marito sia in ostaggio e che vogliano usarlo”, dichiara. La donna si rivolge quindi al governo italiano affinché “usi tutti i canali politici” con Teheran insieme agli altri “Paesi dell’Ue” per ottenere l’ “annullamento di questa sentenza ed il suo rilascio”.

Mehrannia sottolinea infine l’importanza che la comunità internazionale continui a fare “pressione” sulla Repubblica islamica, evidenziando la questione dei cittadini con doppia nazionalità che l’Iran non riconosce e ribadendo l’innocenza del marito con il quale, precisa, non ha contatti diretti dal 24 novembre 2020, mentre “ho contatti indiretti con la sua famiglia in Iran”.

Anche il Consiglio comunale di Torino scende in campo in difesa di Ahmadreza Djalali, il ricercatore condannato a morte in Iran. Oggi pomeriggio, all'inizio della seduta dell'assemblea civica, i consiglieri comunali hanno esposto in Sala Rossa uno striscione con la scritta "Save Djalali" tenendo in mano cartelli con la frase '#saveAhmad'.