Sirtori, 6 luglio 2013 - Un volontario brianzolo in Guatemala è stato condannato a otto anni di prigione per violenza sessuale su una bambina di appena sette anni. A essere ritenuto colpevole dell'infamante reato è stato Samuele Corbetta, 32 anni di Sirtori, che lo scorso settembre è rimasto invischiato in una brutta storia di abusi su una alunna di una scuola di una missione di San Lucas, una struttura dove il giovane prestava servizio accanto ai religiosi della congregazione delle suore missionarie somasche Figlie di San Girolamo Emiliani.

A comunicare la notizia è stato il papà Roberto, pensionato di 63 anni, che da tre mesi ha raggiunto il figlio per rimanergli accanto e supportarlo. “Samuele è stato condannato da innocente” ha annunciato dalla propria pagine Facebook. “Siamo stravolti”. Purtroppo sia lui che la moglie Emiliana Colombo temevano che sarebbe finita così, perché sin dall’inizio del processo gli osservatori esterni hanno avuto l’impressione che la sentenza fosse già scritta.

A puntare il dito contro il sirtorese è stata la sua stessa presunta vittima, o meglio i suoi genitori, che hanno riferito agli agenti della polizia locale che la piccola sarebbe stata avvicinata più volte dal cooperante con il pretesto di giocare insieme a nascondino. Lui l’avrebbe anche minacciata di morte se si fosse azzardata a parlare.  La bimba soffrirebbe di disturbi mentali e su di lei non sarebbero stati riscontrati segni di abusi.

Ma la vicenda è stata subito cavalcata dall’opinione pubblica del Paese dell’America centrale oltre che dagli operatori di un’influente associazione che si occupa di tutela dell’infanzia, in una sorta di guerra mediatica e tra organizzazioni umanitarie. In seguito all’accusa il 32enne ha anche trascorso alcuni giorni in cella, sino a quando non è stata pagata una cauzione.

Del caso si sono occupati anche dalla Farnesina e gli attivisti di Amnesty international per assicurarsi che venissero rispettati i diritti umani dell’imputato e soprattutto che gli venisse offerta l’opportunità di difendersi adeguatamente. In un primo momento pareva così che tutto potesse risolversi, anche grazie all‘imponente mobilitazione da parte di centinaia di persone che hanno testimoniato a sua favore e della sua integrità.

L’altro ieri invece, a conclusione del processo cominciato ad agosto e durato diverse udienze, è stato emesso il verdetto di colpevolezza con la condanna a 96 mesi di reclusione, 24 in meno rispetto a quelli massimi previsti per tale reato secondo la legislazione del posto. Le notizie giunte in Italia al momento restano comunque frammentarie e non si sa ancora se sussiste modo per opporsi al pronunciamento.