di Daniele De Salvo

Tavernerio, 3 novembre 2012 — La vittima del giallo di Tavernerio ha un nome è un cognome, sono quelli di Maddalena Calabria, la 39enne di Molteno misteriosamente scomparsa nel 1993 dopo dopo essere stata vittima di una brutale rapina nella villa di un imprenditore di Oggiono di cui era l’assistente domestica. Le ossa scovate nel 2001 quasi casualmente seppellite sotto un metro di terra nei pressi del cimitero del paese lariano durante alcuni lavori di scavo sono infatti le sue.

La conferma è arrivata dall’analisi del dna, estrapolato sia dai frammenti scheletrici, sia dai campioni biologici prelevati dalla madre - ultranovantenne e malata - e dalla figlia della donna. I primi accertamenti hanno svelato che sussiste piena compatibilità, sebbene adesso si attenda l’esito dell’ufficialità. Ma si aspetta soprattutto la nuova autopsia disposta dall’autorità giudiziaria per cercare di stabilire con esattezza come la brianzolo sia stata uccisa, dove e magari anche chi l’abbia ammazzata.

Nonostante il tempo trascorso inquirenti e investigatori confidano che le nuove tecniche scientifiche siano in grado di fornire una risposta a tutti i quesiti insoluti. In ballo c’è non solo la risoluzione di un mistero vecchio ormai di vent’anni, ma la sorte di quelli che al momento sono gli unici due indagati del delitto, ovvero Fabio Citterio, tecnico informatico di 45 anni di Lurago d’Erba e Tiziana Molteni, ausiliaria sanitaria di 53 anni di Dolzago, amica della dolzaghese, entrambi già in carcere per un altro assassinio, quello di Antonio Caroppa, padre di famiglia di 42 anni di Paderno d’Adda freddato con un colpo di pistola alla gola nel box sotto casa esploso proprio dai due.

A puntare il dito contro di loro sarebbe stato Santo Valerio Pirrotta, 45enne anche lui luraghese e arrestato perché ritenuto responsabile della spedizione punitiva di Paderno, anzi sospettato di essere quello che ha li ha reclutati e commissionato il «lavoro» sporco. Il suo legale Stefano Didonna al momento non si esprime, mentre i difensori degli altri sì.

«Non abbiamo purtroppo ancora avuto accesso a tutti gli atti, ma da quanto ci risulta chi accusa il mio assistito avrebbe reso dichiarazioni molto particolareggiate e circostanziate - spiega Marcello Perillo che rappresenta e tutela gli interessi dell’esperto di computer -. Ma se effettivamente non fosse stato lui, come abbiamo motivo di ritenere, né la cugina che è indagata insieme a lui, chi li ha coinvolti come potrebbe sapere simili dettagli che avrebbe rivelato?». Dubbi che al momento sono destinati a rimanere tali, ma che il Pm che si sta occupando del caso, il Sostituto procuratore Rosa Valotta, cercherà di chiarire al momento opportuno, una volta che disporrà di tutti i pezzi della vicenda.