Politiche attive: puntiamo sulla collaborazione pubblico-privato

Francesco

Rotondi*

IL MINISTRO del Lavoro, Andrea Orlando, sta mettendo mano all’Anpal, l’Agenzia nazionale per le politiche del lavoro, partendo dalla governance: fuori il discusso presidente Parisi, commissariamento, abolizione della figura del presidente e ritorno di alcune competenze al ministero presso una nuova direzione delle politiche attive. Bene. Ma questi cambiamenti al vertice sono funzionali ad una nuova stagione sulle politiche attive in Italia? Come noto la dote che il Pnrr assegna alle politiche attive è di 4,4 miliardi. Per fare cosa? Forse dovremmo partire da un passo indietro e uno in avanti. Il passo indietro riguarda la fallimentare esperienza dei navigator. Dopo l’uscita di scena del professore della Mississipi State University l’auspicio è che si giunga ad un’archiviazione definitiva di questa esperienza infruttuosa e si torni a rivalutare e valorizzare esperienze solo avviate nel recente passato e mai sviluppate appieno. Il passo in avanti, invece, riguarda la misura probabilmente più efficace e contestualmente inespressa di politiche attive nel nostro Paese, ossia l’assegno di ricollocazione introdotta nel nostro ordinamento dal Jobs Act del Governo Renzi. Una misura che valorizzò provvedimenti simili già sperimentati in alcune regioni d’Italia, come la Lombardia e il Veneto, che hanno dato riscontri confortanti.

Nella legge di Bilancio 2021 l’assegno di ricollocazione è stato finalmente individuato come misura principale di politica attiva ed esteso anche a cassaintegrati e disoccupati. Si tratta di uno strumento di modernizzazione del nostro mercato del lavoro in una logica di valorizzazione dell’efficacia reale dei risultati in termini di ricollocazione da parte delle strutture coinvolte e di proficua collaborazione e cooperazione tra pubblico e privato. Speriamo sia la volta buona.

* Giuslavorista

e Founder LabLaw