Covid, boom casi non notificati. "No nuove restrizioni, da settembre vaccino preventivo"

Secondo l'Iss "questo potrebbe aver portato a una sottostima del tasso di incidenza, di rischio relativo e di efficacia vaccinale"

Milano, 25 giugno 2022 - Tornano a crescere i nuovi casi di Covid in Italia, sostenuti in particolare da Omicron. Il motivo? Sicuramente la circolazione di varianti altamente trasmissibili, ma anche "l'aumento della quota di persone che hanno avuto un'infezione non notificata ai sistemi di sorveglianza per motivi legati a fenomeni di sottodiagnosi o 'autodiagnosi'". "Questo potrebbe portare alla sottostima del tasso di incidenza, e quindi del rischio relativo, ed efficacia vaccinale", ha sottolineato l’Istituto superiore di sanità nel monitoraggio settimanale sulla pandemia diffuso oggi. 

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L'Iss ha rilevato inoltre che le persone più a rischio sono le donne, i giovani e i non vaccinati. "Nell'ultima settimana la percentuale di reinfezioni sul totale dei casi segnalati risulta pari a 8,4%, in aumento rispetto alla settimana precedente (7,5%)".  "L'analisi del rischio di reinfezione a partire dal 6 dicembre 2021, data considerata di riferimento per l'inizio della diffusione della variante Omicron, - si legge nel Report - evidenzia un aumento del 'rischio relativo aggiustato' di reinfezione": nelle persone "con prima diagnosi di Covid-19 notificata da oltre 210 giorni rispetto a chi ha avuto la prima diagnosi di Covid-19 fra i 90 e i 210 giorni precedenti; nelle persone non vaccinate o vaccinate con almeno una dose da oltre 120 giorni rispetto ai vaccinati con almeno una dose entro i 120 giorni; nelle femmine rispetto ai maschi".

Il maggior rischio nelle donne, ricorda l'Iss, " può essere verosimilmente dovuto alla maggior presenza di donne in ambito scolastico dove viene effettuata una intensa attività di screening e al fatto che le donne svolgono più spesso la funzione di caregiver in ambito famigliare. Il rischio maggiore di reinfezione è stato evidenziato anche "nelle fasce di età più giovani (dai 12 ai 49 anni) rispetto alle persone con prima diagnosi in età compresa fra i 50-59 anni. Verosimilmente - ha indicato l'Iss - il maggior rischio di reinfezione nelle fasce di età più giovani è attribuibile a comportamenti ed esposizioni a maggior rischio, rispetto alle fasce d'età maggiore di 60 anni". Un rischio maggiore è riscontrato, infine, "negli operatori sanitari rispetto al resto della popolazione".

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Nonostante i numeri siano in risalita, non si dovrebbe andare incontro a nuove restrizioni. "Certo - ha detto il sottosegretario alla Salute Pierpaolo Sileri ai microfoni di Sabato anch'io, sulle frequenze di Rai Radio Uno - i numeri delle infezioni stanno salendo, ma negli altri Paesi europei dove questa ondata è arrivata prima dell'Italia i casi si stanno stabilizzando, il che ci porta a pensare che anche questa ondata come le precedenti avrà una durata di qualche settimana e poi andrà a spegnersi. Con l'aumento dei casi è logico che salgano proporzionalmente anche i ricoveri, ma oggi ci troviamo in una situazione completamente diversa da quella dell'anno scorso: quasi 50 milioni di italiani hanno completato il ciclo vaccinale, 40 milioni hanno fatto anche la terza dose, e per chi è vaccinato sappiamo che le forme gravi della malattia sono molto meno probabili".

Il virus è mutato, ha spiegato Sileri. "Alcuni esperti ritengono che Omicron vada considerato un virus diverso dal Sars-CoV-2, meno aggressivo anche se più contagioso, ma ad essere cambiato è anche il profilo immunologico della popolazione, che in questi due anni ha conosciuto il virus, o naturalmente attraverso l'infezione, o artificialmente con la vaccinazione, o con entrambi", ha affermato il sottosegretario alla Salute. Riguardo alla campagna di vaccinazione, Sileri ha aggiunto: "Già oggi un secondo richiamo è indicato per gli over 80 e per i pazienti con fragilità, ed in autunno, con la disponibilità di un vaccino aggiornato alle varianti prevalenti, si potrà avviare una campagna vaccinale preventiva simile a quella anti-influenzale, ma con una raccomandazione più forte per le categorie a rischio vista la maggiore severità e contagiosità del Covid rispetto all'influenza. In una prospettiva di endemia, ovvero di convivenza col virus, credo che questa diventerà la prassi: una dose di richiamo ogni anno all'inizio della stagione fredda".