Monza, 16 aprile 2014 - "Giovanni Antonicelli referente nella pubblica amministrazione per il gruppo criminale di Giuseppe Esposito". Così i carabinieri hanno definito l'ex assessore monzese Pdl al Patrimonio e all'Ambiente imputato di associazione per delinquere perchè accusato di voto di scambio insieme a Giuseppe Esposito, il pregiudicato soprannominato Peppe o' Curtu ritenuto boss della Camorra napoletana trapiantato a Monza che per questa vicenda è già stato condannato a 14 anni e mezzo di reclusione con il rito abbreviato. I militari dell'Arma monzese titolari dell'inchiesta  'Briantenopea', coordinata dal pm monzese Salvatore Bellomo, sono stati sentiti come testimoni all'entrata nel vivo del processo al Tribunale di Monza che vede Antonicelli e altre 16 persone imputate a vario titolo di associazione per delinquere finalizzata a una serie di reati come usura, estorsione, rapine, spaccio di droga, riciclaggio di denaro, furti, falsificazione e spendita di banconote false, clonazione di carte di credito e anche ricettazione di abbigliamento con le griffes contraffatte. Antonicelli, che era stato arrestato un anno fa (tornando in libertà dopo 4 mesi di carcere e 2 mesi di arresti domiciliari) e che è tornato ai domiciliari da dicembre per corruzione per l'inchiesta 'Clean City' sulle tangenti pagate dalla Sangalli per ottenere gli appalti sui rifiuti, deve rispondere di avere fornito a Giuseppe Esposito lavori nell'edilizia per le case comunali in cambio di appoggi elettorali con voti sicuri da parte degli uomini della presunta organizzazione criminale. Tesi confermata in aula dagli inquirenti. "Antonicelli contava su un bacino di voti portati dall'organizzazione criminale di Esposito estremamente importante nelle elezioni comunali monzesi e in cambio Esposito otteneva lavori pubblici attraverso la società Pi.Gi.Emme di cui era amministratore di fatto. Il loro rapporto è provato dagli incontri e dalle conversazioni tra loro e con membri del gruppo criminale in cui i toni sono molto confidenziali". I carabinieri hanno poi ripercorso le tappe che hanno portato alle indagini. "Tutto nasce da alcune rapine che fanno emergere alcuni membri dell'organizzazione criminale e si scopre che dietro le rapine c'era un grosso debito di droga da parte di Esposito, che era alla base del gruppo dedito anche ad altri reati come l'usura, l'estorsione e la contraffazione. La clonazione delle carte di credito consentiva invece al gruppo di ottenere riserve di denaro. L'organizzazione era dedita anche al riciclaggio di banconote macchiate provento di rapine o furti". Si torna in aula il 7 maggio con altre testimonianze.

di Stefania Totaro