Barricato a Rozzano con i figli, la mamma: "Me lo aspettavo, è sempre stato violento"

Il racconto della donna: "Un paio di anni fa sono dovuta fuggire lontano da quel folle"

Il salvataggio dei bambini a Rozzano

Il salvataggio dei bambini a Rozzano

Rozzano (Milano), 11 giugno 2020 - È ancora sotto choc la mamma dei bambini. Al telefono la voce trema, il tono è di rabbia, preoccupazione e paura. Quella che ha avuto quando un paio di anni fa, incinta, è scappata da Rozzano per andare in Veneto, a 300 chilometri di distanza dall’ex compagno. È l’uomo che ha messo in pericolo la vita dei figli facendoli pericolosamente oscillare dalla finestra del settimo piano, 25 metri di altezza.

Un gesto che ha spiegato con la voglia di farla finita, dopo la comunicazione del trasferimento dei figli in una comunità. "Leggevo gli aggiornamenti, i post, sono stata sveglia tutta la notte cercando notizie – ricorda quei momenti la mamma – Provo tanta rabbia, mi aspettavo facesse una cosa del genere, è sempre stata una persona folle e violenta. Sono scappata da lui, così come ha fatto anche la sua ex compagna".

«Mi ha strappato i documenti, mi costringeva a vivere nella paura. Sono dovuta fuggire, ma non sapevo cosa fare, volevo trovare un posto sicuro dove crescere i miei figli. È iniziata una terribile battaglia". Una guerra finita con la decisione del giudice di trasferire i bambini in una comunità in Veneto, vicino alla mamma, per cominciare un percorso di avvicinamento, come racconta la donna. "Impediva i contatti, non mi consentiva di sentirli, raccontava bugie per allontanarli – ricorda la 44enne – Mi sequestrava il telefono, i soldi, ho affrontato mesi di terapia".

La mamma non rivolge contestazioni contro i Servizi sociali, come spesso accade in queste drammatiche situazioni, anzi, sottolinea che "i Servizi sociali di Rozzano e poi quelli dove vivo ora sono sempre stati al nostro fianco, hanno vissuto l’intera vicenda, erano presenti anche quando ho visto l’ultima volta i miei figli, a Natale. Lui non è mai stato collaborativo, non si presentava agli incontri, cercavano di aiutarlo ma era un muro. Temevo succedesse qualcosa. E martedì è successo". Secondo la mamma, non ci sono colpevoli se non un sistema che non accelera le procedure, burocrazie lunghissime che pesano sulla pelle dei bambini che ci rimettono sempre. "Per far smuovere qualcosa – sospira – noi donne dobbiamo finire ammazzate. O i nostri figli".