Nel "secolo urbano" conflitti e tensioni emotive

Si concentra nelle città, lo sviluppo del futuro. Anzi, nelle metropoli. Nel 2030, tra poco più di dieci anni cioè, il 9% della popolazione mondiale abiterà lì

Milano, 18 novembre 2018 - Si concentra nelle città, lo sviluppo del futuro. Anzi, nelle metropoli. Nel 2030, tra poco più di dieci anni cioè, il 9% della popolazione mondiale abiterà lì. Questo è “il secolo urbano”, tra dimensioni ecologiche da “smart city” (ambiente, tecnologie d’avanguardia, economia di condivisione) e grandi periferie povere. Vale la pena saperne di più, per diventarne cittadini consapevoli. Come? Lo racconta bene Richard Sennett, sociologo alla London School of Economics, in “Costruire e abitare”, Feltrinelli, cercando di definire “un’etica per la città”. Una città è fatta di caratteri e tensioni diverse, vive di sedimenti storici e progetti di futuro, fa convivere disparità spesso intollerabile. È “aperta”, conflittuale e creativa. Ma vale la pena, provando a progettarne lo sviluppo, tra spinte individuali e piani urbanistici, impegnarsi a ritessere una sorta di spirito di comunità, definire identità aperte e molteplici, ragionare di convivenze.

Ogni città ha un’anima, da rispettare. Vivendovi come “uno tra molti”. E in Italia? Cominciamo da “Roma Capitale malamata”, come scrive per Il Mulino Vittorio Emiliani, giornalista di solida esperienza culturale, a lungo direttore de “Il Messaggero”, il primo quotidiano romano, appunto. La sua storia è un privilegio e un onere, che ne aggrava la fragilità. Il suo governo, difficilissimo, tra archeologia e questioni di attualità urbana (gli scavi per i servizi pubblici e le linee della metropolitana pongono problemi maggiori che altrove). E la presenza della Chiesa dà opportunità (la rilevanza geo-politica, i crescenti flussi turistici) e apre tensioni di difficile composizione. Mettendo in ordine una montagna di dati e fatti, Emiliani racconta come Roma, diventata capitale del regno d’Italia con scarsi consensi parlamentari, sia poi stata travagliata da scandali immobiliari (memorabile l’inchiesta de “L’Espresso” negli anni Cinquanta: “Capitale corrotta, nazione infetta”) e animata da una straordinaria vitalità culturale e sociale. Sino al crescente degrado attuale. Oggi “va avanti come può”. In crisi. E la sua crisi riguarda tutta l’Italia.

E Milano? Molti ne scrivono. Tra i più attenti c’è stato Carlo Castellaneta, origini familiari pugliesi, nascita milanese, sepoltura al Famedio del Cimitero Monumentale, come s’addice a chi ha dato lustro alla città. Aveva raccontato in uno dei suoi libri migliori che “milanesi si diventa”. Ora, nei racconti di “Notti e nebbie”, ripubblicati da Interlinea, ci fa rivivere ritmi e tensioni di una Milano “materna” e accogliente, severa e ironica, con una densa umanità composta da operai e padroni, poliziotti e gente d’osteria, uomini e donne sospesi tra vita quotidiana e sogni. E coppie che sanno bene come sia possibile innamorarsi a Milano e vivere una pur grigia felicità. Lo dicono, nell’aria milanese, anche straordinari versi di poesie e canzoni, che Castellaneta sa fare rivivere.