Il sindaco di Alzano: "Vogliamo una risposta all'ecatombe"

Il primo cittadino di Alzano Lombardo: abbiamo pagato un tributo altissimo. Nessuno decideva, aspettiamo la magistratura. La ferita è rimasta, ma va meglio

Emergenza Covid

Emergenza Covid

Alzano Lombardo (Bergamo), 22 febbraio 2021 - Domenica 23 febbraio 2020. I primi casi di Covid in provincia di Bergamo. Il martirio imposto dall’epidemia alla Val Seriana. I nomi simbolo, iconici di Alzano Lombardo e Nembro. Camillo Bertocchi è sindaco di Alzano dal 2016.

Sindaco Bertocchi, un anno dopo. "Un anno dopo si fa ancora fatica a trovare le parole. Siamo stati i primi a pagare lo scotto della impreparazione, della non conoscenza. Dalle misure di contenimento alla cura. Al tempo, ad esempio, non si sapeva ancora che farmaci come l’eparina e il cortisone potevano essere impiegati per la terapia. Abbiamo avuto la forza di reagire. In estate i test sierologici ci hanno dato parte delle risposte. In Val Seriana il 42 per cento della popolazione ha contratto il virus. La seconda ondata è stata per fortuna più lieve".

È stata una ecatombe... "Nella Media Val Seriana siamo 97mila abitanti distribuiti in diciotto comuni, un unico agglomerato, come un’unica, grande città. Fra marzo e aprile si è vissuta una situazione incredibile, soprattutto nel mese di marzo. In quei due mesi i decessi nella Valle sono stati 1.117, con una media di oltre 11 decessi ogni mille abitanti. Ad Alzano è stata di 9 decessi ogni mille abitanti. Nel 2020 sono morte ad Alzano 239 persone contro la media di 125-130 degli anni precedenti".

Com’è oggi la situazione ad Alzano? "Abbiamo nove persone contagiate. La situazione si può definire sotto controllo, anche se le varianti del virus ci preoccupano molto".

Perché Alzano? "Con tutti i lutti che abbiamo sofferto, non siamo stati il comune più colpito. Gazzaniga, Nembro e le zone della Val Gandino, ad esempio, hanno avuto una media di 16-17 decessi ogni mille abitanti. È nato un “caso” Alzano perché qui abbiamo l’ospedale, come c’è l’ospedale a Codogno, e dei primi quattro contagiati bergamaschi due erano ricoverati qui, anche se non erano alzanesi".

Certo, l’ospedale con il pronto soccorso riaperto poche ore dopo essere stato sanificato. "C’è una indagine della procura di Bergamo. Siamo i primi a essere interessati a capire il perché. A oggi non abbiamo risposte. Le vogliamo. All’epoca di piano pandemico non si parlava ancora, ma è chiaro che è mancata la pianificazione preordinata. Era l’Abc. E i nostri territori sono stati i primi a pagare".

La mancata «zona rossa» ad Alzano e Nembro. "Era tutto pronto. La Prefettura ripeteva: “Saremmo disonesti a dire che non è tutto pronto per chiudere, ma saremmo altrettanto disonesti se vi dicessimo che sappiamo quando sarà”. Nessuna comunicazione ufficiale. Abbiano vissuto in un clima sospeso. I sindaci e i territori non sono stati coinvolti in nessun modo. Nessuno ci ha detto cosa si voleva chiudere. Ma era davvero tutto pronto, c’erano persino i turni dei militari e dei carabinieri che dovevano presidiare i varchi. Strano che non sia stato fatto. È un’altra delle risposte che aspettiamo dall’inchiesta".

A chi sarebbe spettata la decisione, al governo o alla Regione? "Lo dirà la magistratura. Quello che mi sento di dire è che nelle emergenze è necessario un soggetto che decida. Nei verbali del Cts si parla di Alzano e Nembro, ma il provvedimento di chiusura avrebbe dovuto riguardare almeno tutta la Val Seriana. Questo per i motivi che si dicevano: è una zona dove i paesi sono uno attaccato all’altro, come una sola unità urbana, fortemente antropizzata. L’ospedale di Alzano è a trecento metri dall’abitato di Ranica e ad altrettanti da quello di Villa di Serio. Senza contare la Valle Brembana, di cui nessuno ha parlato, ma che ha avuto, purtroppo, le medesime drammatiche sorti".

I n un’intervista, alla domanda su cosa fosse mancato all’inizio dell’emergenza la sua risposta è stata: tutto. Dai dispositivi di protezione individuale ai saturimetri, ai gorgogliatori, fino alla drammatica carenza di ossigeno. "È mancato tutto. Lo ripeto e lo ribadisco ancora oggi. Con amarezza. Non ci sono parole per dire che nel 2020 può arrivare a mancare di tutto. Nessuno, dico nessuno, può capire il dramma che abbiamo vissuto. Non so come abbiamo fatto a reggere, soprattutto nel mese di marzo. L’altruismo, la coesione, la forza dell’associazionismo, le persone di buona volontà ci hanno aiutato. Ne siamo usciti con una profonda ferita".

Cosa le ha lasciato tutto questo? "L’ho vissuto da figlio, da padre, da sindaco. Ho modificato la mia gerarchia dei valori, quello della famiglia è più che mai al primo posto. L’apprezzare cose che prima mi parevano scontate. La consapevolezza che non siamo soli al mondo. La paura della solitudine è stata una dei problemi più gravi. Per cento giorni, ogni sera, lanciavo un messaggio per essere vicino ai miei concittadini e soprattutto alle persone sole".