Il regista fuggito in Finlandia: "Così ho lasciato Mosca. I teatri siano isole di libertà"

Il drammaturgo Mikhail Durnenkov racconta il suo viaggio per scappare dalla guerra. In auto con la famiglia e il cane, la paura di essere bloccati al confine

Via dalla Russia. Con la consapevolezza, però, di poter essere ancora utile al popolo russo. A chi già si oppone alla guerra e all'invasione dell'Ucraina. Ma anche a chi, ancora tantissimi, non ha aperto gli occhi sulla follia del conflitto scatenato da Mosca e sulle limitazioni delle libertà imposte dal regime putiniano. Mikhail Durnenkov, 43 anni, regista e drammaturgo moscovita i cui lavori sono stati tradotti e rappresentati in numerosi Paesi, Italia inclusa, a marzo ha lasciato la sua terra per riparare in Finlandia. Un tragitto compiuto da molti russi, inorriditi di fronte all'attacco contro l'Ucraina. 

Quando ha deciso di lasciare la Russia? "Sono partito con la famiglia; mia moglie, mio figlio e il cane, il 18 marzo con l'auto. Avremmo voluto lasciare Mosca prima, ma abbiamo dovuto ottenere la Visa per poter espatriare. Ci siamo riusciti grazie all'invito ricevuto dal teatro nazionale finlandese. Quando Putin ha attaccato l'Ucraina i responsabili mi hanno scritto, sostenendo che sarebbe stato pericoloso continuare a vivere in Russia. Siamo stati fortunati a poter contare su questo aiuto. Molti amici per passare il confine hanno dovuto inventarsi qualche ragione che potesse consentire loro di andarsene. Un mio conoscente, per esempio, ha simulato di avere un problema di salute per poter raggiungere l'Estonia e curarsi lì".

E' stato coinvolto in proteste contro Putin prima dell'inizio della guerra? "Tutta la mia produzione ha come obiettivo la denuncia delle limitazioni alla libertà in Russia. Nel 2014, ai tempi dell'annessione della Crimea, ha scritto il dramma La guerra non è ancora iniziata. Un'opera molto attuale in cui, come è manifesto nel titolo, si sottolinea come la guerra all'Ucraina sin dal suo principio sia stata nascosta alla società russa. E così nessuno ha mai capito cosa stessimo vivendo".

Com'è stato il viaggio verso la Finlandia? "Eravamo molto nervosi. Avevamo sentito voci riguardo la possibilità che agenti dei servizi segreti spiassero nelle chat e facessero verifiche sulle fotografie scattate durante le adunate contro la guerra, per scoprire qualcuno dei partecipanti fra le persone che provavano a espatriare. Ci era stato anche detto che le guardie avrebbero potuto trovare qualche pretesto per impedire il passaggio del confine, ma noi non avevamo nulla nel bagagliaio che potesse destare sospetti. Solo cibo per cani",

Quanto è durato il tragitto? "Due giorni. Il primo ci siamo trasferiti da Mosca a San Pietroburgo, dove abbiamo passato la notte in casa di un amico. Il giorno dopo siamo arrivati in Finlandia. Quando abbiamo raggiunto Helsinki ci siamo resi conto di avere un piccolo problema: la mia auto ha una targa russa, con tanto di bandiera. E' vero che io sono contro la guerra e l'invasione, ma nemmeno posso stare tutto il tempo vicino alla vettura per spiegare ai cittadini finlandesi quali sono le mie idee. Farò un cartello chiedendo di non mettere la 'Z' sulla carrozzeria, perché sono contro Putin e l'attacco all'Ucraina".

Il regista russo Mikhail Durnenkov
Il regista russo Mikhail Durnenkov

Qual era l'atmosfera a Mosca? "Molto depressa. Nei primi giorni dopo l'invasione i pochi contro la guerra pensavano che sarebbe potuto cambiare qualcosa grazie alle proteste. In centro c'era un sacco di polizia a pattugliare le strade. I pedoni venivano controllati di continuo. Un mio amico ha raccontato di aver visto un uomo che era andato in centro per un 'appuntamento galante' ed era stato bloccato dagli agenti. Urlava di lasciarlo andare perché sua moglie non avrebbe mai creduto che era stato fermato dalla polizia. In tanti sono stati presi e identificati anche se non avevano fatto nulla. Bastava fossero stati visti radunarsi".

A lei è successo qualcosa? "In Russia c'è una legge per cui se vieni identificato diverse volte dalla polizia, vieni arrestato e sei costretto a passare un lungo periodo in carcere. Per questo io e mia moglie quando ci siamo recati a un incontro nel centro di Mosca abbiamo 'arruolato' un ragazzino perché potesse passare per nostro figlio. Anche in quel caso, nonostante fosse notte, era pieno di polizia, che ha circondato alcune delle persone che avrebbero partecipato all'adunata. Per evitare di essere fermati ci siamo rifugiati nelle vie vicine all'area messa sotto controllo".

Come stanno gli amici rimasti in Russia? "Molti nostri conoscenti non sono riusciti a partire. Perché hanno genitori anziani o bambini molto piccoli. Oppure non hanno possibilità di lavorare e di ricevere un invito dall'estero. O, ancora, semplicemente non hanno abbastanza denaro per affrontare un viaggio. Stanno vivendo un incubo. C'è paura anche per l'eventualità di una guerra nucleare. Eppure non si riuncia all'umorismo. L'ultima battuta che circola a Mosca è che le case in centro sono così costose perché se sei nel cuore di un'esplosione nucleare la morte è così veloce che non fai in tempo a provare dolore".

Come siete sistemati in Finlandia? "Le prime due settimane siamo stati ospiti nel seminterrato di un amico a Helsinki. Poi abbiamo scritto a una fondazione artistica finlandese, illustrando la nostra situazione, spiegando che anche a causa dei numerosi post sui social critici nei confronti di Putin e dell'attacco all'Ucraina per noi sarebbe stato rischioso tornare in Russia. L'associazione, così, ci ha affittato un appartamento fino alla fine di agosto. Non so cosa ci accadrà dopo".

Come vi ha accolto la gente? "Quando sei fra i confini russi sei convinto che tutti gli stranieri ti odino per la tua provenienza. Un convincimento che è frutto anche della propaganda di Putin e che coinvolge anche chi è ben lontano dalle sue posizioni e capisce le sue intenzioni manipolatorie, come me. Tanto che al mio arrivo in Finlandia avevo paura a parlare in russo ad alta voce per strada. Successivamente ho capito che a nessuno importava da dove venissi. Tutti sono molto amichevoli, tolleranti e cortesi. Si può pensare che questo atteggiamento abbia a che fare con il carattere dei finlandesi. Non è così. Qualche giorno fa ero in Polonia e avevo paura di essere riconosciuto come russo, dato anche l'astio dei polacchi nei confronti del Cremlino. E invece anche in quest'occasione non ho avuto alcun problema".

Secondo lei Putin starà al potere ancora a lungo? "Credo di sì. La propaganda funziona e i russi che ci credono sono pronti a dare battaglia per molto tempo contro l'Occidente. E' anche vero che Putin è anziano e la generazione di chi gli si oppone è più giovane, quindi c'è comunque una speranza di cambiamento. Io, da scrittore, indago su quello che accade e sulle motivazioni che spingono le persone a fare o meno certe scelte. Per questo mi incuriosisce sapere cosa abbia spinto un uomo di 70 anni ad avviare una guerra che ha cambiato il mondo. La risposta che mi sono dato, da autore di teatro, è che il suo medico gli abbia detto che gli resta solo un anno di vita e quindi lo Zar ha sentito il bisogno di fare qualcosa di clamoroso".

La guerra e la fuga dalla Russia sono per lei fonte di ispirazione? "Questo conflitto rischia di rovinare me e la mia famiglia, ma credo che il mio impegno come drammaturgo oggi sia parlare di questa guerra. Un artista non può evitare di affrontare un tema che lo abbia travolto anche personalmente, altrimenti evaderebbe dalla realtà. Al momento, però, ancora non so chi a chi potrò essere utile con il mio lavoro. Istituzioni e media fuori dalla Russia stanno legittimamente dando spazio ad artisti e scrittori ucraini, ma nessuno al momento sembra avere bisogno di ascoltare una voce proveniente dal mio Paese. Quando a Mosca, sicuramente molti avrebbero bisogno di ascoltare le mie parole, ma al momento le mie opere sono proibite, date le convinzioni che ho sempre espresso".

Una situazione quasi paradossale... "E che mi suggerisce una domanda esistenziale. Chi sono io, ora? Sono un traditore ma anche un invasore. Questo, però, non mi ferma. La mia missione è continuare a tenere alta l'attenzione sulla guerra e sulla situazione di compressione della libertà che c'è in Russia. In passato ho chiesto a direttori di teatri e altri funzionari di cancellare il mio nome dai cartelloni e dai programmi sui siti internet, ma di continuare a rappresentare le mie opere. La gente che assisteva ai miei spettacoli si sentiva libera, i teatri dovrebbero essere isole di libertà. Non m'importa che ci sia il mio nome, l'importante è che il messaggio continui a circolare".

Dove vede il suo futuro? "Ora devo rimanere in Finlandia, anche per provare a capire come essere utile in questa situazione. Anche se sono convinto di poter dare una mano alla Russia e alla sua gente. Magari non adesso, ma in futuro".