"IL PIANETA NON HA PIÙ TEMPO, DOBBIAMO ACCELERARE"

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OGNI TONNELLATA DI CO2 in più conta. Ogni chilo. Ogni grammo. "Sta a noi decidere come dovrà essere la vita dei nostri figli e nipoti, perché i gas serra emessi oggi rimarranno in atmosfera per un altro mezzo secolo", spiega Filippo Giorgi (a destra), climatologo e membro dell’Intergovernmental Panel on Climate Change (Ipcc), oltre che responsabile della sezione di Fisica della Terra dell’International Centre for Theoretical Physics di Trieste. Da oltre trent’anni Giorgi e i suoi colleghi dell’Ipcc, che nel 2007 hanno vinto il Nobel per la Pace, lanciano al mondo allarmi sempre più pressanti sulla crisi del clima: il loro primo rapporto è uscito nel 1990, il sesto pochi giorni fa. Nell’ultimo si parla di cambiamenti che non sono mai stati così veloci, alcuni dei quali ormai irreversibili, a partire dal surriscaldamento delle temperature medie rispetto ai livelli pre-industriali, che è già a 1,1°C e arriverà a 1,5°C nel giro di vent’anni, causando lo scioglimento dei ghiacci e l’innalzamento dei mari, il cui livello è già salito di 20 centimetri ed entro il 2050 potrebbe salire altrettanto.

La domanda che sorge a tutti spontanea è: ma allora non c’è più niente da fare?

"Alcuni processi ormai sono avviati e indietro non si torna. I ghiacci della Groenlandia si stanno sciogliendo e continueranno a sciogliersi anche se riusciremo a limitare il surriscaldamento delle temperature a 1,5°C, ma siamo ancora in tempo per fermare le conseguenze più gravi, quelle che renderebbero inabitabili vaste aree del pianeta. Il rapporto lo dice chiaramente e chiede riduzioni immediate, rapide e su larga scala delle emissioni di gas serra".

Che cosa succederà se non smetteremo di bruciare combustibili fossili, come carbone, petrolio e gas?

"Se non si farà nulla andiamo incontro a cambiamenti molto profondi del clima globale. Quando si parla di un aumento di 3°C rispetto ai valori pre-industriali può sembrare poco, ma in realtà sono eventi che il pianeta non ha mai visto negli ultimi 3 milioni di anni. Un surriscaldamento di 3-4 gradi nel giro di cento anni durante un periodo interglaciale caldo è un evento che non si è mai verificato negli ultimi dieci periodi interglaciali, quindi da ben prima della comparsa dell’uomo sulla Terra". Si entrerebbe in uno spazio inesplorato?

"Non sappiamo come il sistema climatico potrebbe rispondere. Certo è che alcune zone, come il Mediterraneo, andrebbero incontro alla desertificazione (a sinistra, in alto), mentre in altre aumenterebbero molto le precipitazioni, con effetti sempre più devastanti. Cambierebbero le correnti oceaniche, come quella del Golfo, che è già molto rallentata. È chiaro che salterebbero tutti gli equilibri geopolitici attuali ed è un miraggio pensare alle possibilità di adattamento. Sono cambiamenti che metterebbero a repentaglio la società umana così come la conosciamo oggi".

Anche dove non arrivasse il deserto, non ci sarebbe da stare allegri...

"Gli eventi climatici estremi, come le alluvioni di quest’estate in Germania (a sinistra in basso) e in Cina o gli incendi catastrofici in California, sono aumentati di almeno quattro volte dagli anni Ottanta a oggi. Negli anni Ottanta accadevano circa 200 di questi eventi estremi all’anno, contro gli 800-1000 casi degli ultimi anni. Un aumento di quattro volte in quarant’anni significa un raddoppio ogni vent’anni. Da un punto di vista climatico è una velocità senza precedenti, che indica uno stravolgimento crescente del clima. Continuando su questa strada, ci troveremmo ben presto in una situazione così diversa dalla attuale che sarebbe come adattarsi a vivere su un altro pianeta. Non sarebbe un’impresa facile".

Come evitare di arrivare a questo punto?

"Bisogna assolutamente accelerare la transizione verso la green economy. È un processo già avviato, ma bisogna fare molto più in fretta, non solo in Europa e negli Stati Uniti, ma anche nei Paesi emergenti, che vanno aiutati ad avviare uno sviluppo diverso dal percorso che abbiamo seguito noi. È vero che in questi Paesi bisogna risolvere il problema della povertà energetica, ma l’energia non deve provenire da combustibili fossili".

Cosa manca per la transizione ecologica?

"È solo questione di volontà politica. Le tecnologie per cambiare il nostro modo di produrre energia le abbiamo già: l’eolico e il fotovoltaico per sfruttare le fonti rinnovabili, le batterie per l’accumulo. Abbiamo i motori elettrici, che sono molto più efficienti di quelli a combustione interna. Bisogna elettrificare tutto: trasporti, riscaldamento e produzione industriale. Fra l’altro questo ci porterebbe anche grandi vantaggi per la salute, visto che i combustibili fossili inquinano e l’inquinamento è la terza causa di morte nel mondo, dopo il cancro e le malattie cardiovascolari".

Come accelerare il cambiamento?

"È una questione culturale. Dobbiamo prima di tutto cambiare le nostre abitudini, il nostro modo di consumare e di alimentarci. Abbiamo due grandi strumenti per accelerare il cambiamento: da un lato il voto e dall’altro le scelte di acquisto. Compriamo solo energia da fonti rinnovabili, prodotti biologici, mangiamo meno carne, sprechiamo di meno. Si può fare. Ma bisogna fare presto".

Elena Conelli