"FONDAZIONE VICINA A IMPRESE, UNIVERSITÀ E COMUNI"

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Maurizio Gardini, lei è il nuovo presidente della Fondazione Cassa dei Risparmi di Forlì. Quanto incide su un territorio la Fondazione con l’erogazione pro capite più alta d’Italia?

"Fa riferimento a noi tutto il Forlivese più i Comuni di Bagno di Romagna e Verghereto nel Cesenate: in totale circa 190mila abitanti, ciascuno dei quali in media riceve quasi 60 euro. Pensiamo che la Fondazione Cariplo, che è quella che hai i numeri assoluti più alti, nel suo territorio si ferma a 16".

Non erogate risorse in maniera diretta ai cittadini né alle aziende. Ma c’è un effetto tangibile sull’economia?

"Certamente sì. Pensiamo all’università, uno dei settori sui quali la Fondazione ha investito di più negli ultimi anni: sosteniamo in parte il nuovo corso di laurea in Medicina dell’università di Bologna. Ma non solo: abbiamo alimentato lo sviluppo di Ingegneria Aerospaziale. E daremo impulso al corso sul No Profit della facoltà di Economia. Parliamo, alla fine, di formazione, della nuova classe dirigente, spesso di nuove professioni con caratteristiche di innovazione: la pandemia ci ha dimostrato che questo si può fare anche nella sanità. Per i futuri medici che hanno frequentato a Forlì il loro primo anno di studi, penso alla telemedicina ma non solo. In tutto questo ci sono evidenti ricadute occupazionali".

Pensando alla Fondazione, viene spontaneo il collegamento con le grandi mostre dei musei San Domenico, che organizzate ormai da oltre 15 anni. Anche la cultura e l’arte in particolare hanno un indotto?

"Certo. Dico subito che a breve annunceremo le mostre del 2022 e del 2023. Poi guarderemo a cosa offriamo ai visitatori: accanto alla cultura dobbiamo dare impulso a un’offerta gastronomica e non dimentichiamo quella naturalistica, che si collega al sostegno per le aree interne che oggi soffrono. Il rapporto tra cultura ed economia dev’essere stretto".

Per portare a Forlì gli appassionati d’arte, in una città che non aveva tradizione, servono ingenti investimenti. Li conferma anche per il futuro?

"Verissimo, non abbiamo la storia di Ravenna e Ferrara ma anche Forlì è diventata una città d’arte. Il budget lo definiremo a breve: euro più, euro meno, posso già dire che sarà una cifra importante. La mostra dell’anno prossimo sarà all’altezza delle precedenti, anche se siamo in ritardo sulla programmazione, mentre nel 2023 avremo un tema innovativo con una visione europea. Non mi faccia dire di più...".

Quest’anno avete proposto ‘Dante. La visione dell’arte’, dedicata al Sommo Poeta nel 700° anniversario della sua morte: nonostante la pandemia, la grande mostra è un sostegno all’economia del territorio?

"Purtroppo abbiamo sofferto le limitazioni dovute alla pandemia e l’11 luglio dovremo concluderla. Però stiamo andando bene in un momento in cui i musei sono a un quinto o un sesto del proprio potenziale".

Tutti sono in attesa dei soldi che arriveranno dal Pnrr, il piano nazionale di ripresa e resilienza. E voi?

"E noi abbiamo dei progetti. Soprattutto, vogliamo aiutare i Comuni a farlo. Nei più piccoli, ormai i dipendenti sono rimasti pochi, non c’è la capacità di intercettare i fondi. Sarebbe un peccato perché è un momento felice per far ‘cadere a terra’ tante iniziative. Noi vogliamo avere un ruolo da cerniera, aiutandoli a progettare. Dovremo essere efficienti e veloci".

Nei vostri 17 comuni di riferimento, a parte il capoluogo Forlì, nessuno supera i 15mila abitanti. Gran parte si trovano in territorio collinare o montuoso. Questo è un problema per l’economia di un territorio?

"Le aree interne sono fondamentali, meritano grande attenzione. Sabato ho incontrato il presidente della Regione Emilia-Romagna Stefano Bonaccini proprio a Santa Sofia, un comune di montagna che ricade nel territorio del parco nazionale delle Foreste Casentinesi: c’è bisogno di risorse per paesi come questo, gliel’ho ricordato".

Piccolo è bello. È vero?

"Abbiamo un Comune di dimensioni ridotte come Forlimpopoli in cui ha sede Casa Artusi, dedicata all’autore della più importante guida di cucina. Accennavo prima all’importanza dell’enogastronomia: è un’ulteriore opportunità".

Una Fondazione che pensa in grande fa diventare più ricche le città?

"Sì. E non solo per l’arrivo dei fondi di cui dicevo. Faccio un esempio: tante città, tra cui Forlì, hanno un problema relativo ai centri storici, con luoghi che restano chiusi. Come presidente, ho ereditato diversi progetti frutto del lavoro della Fondazione negli anni scorsi. Uno in particolare: l’Hotel della Città, in pieno centro, vuoto da anni, diventerà uno studentato per gli universitari. Questo mette in moto la riqualificazione urbana e lo sviluppo di un’intera parte di città. Partite di questo genere le giocheremo insieme ai sindaci".

Lei è tuttora presidente nazionale di Confcooperative, nonché di Conserve Italia, colosso che ingloba i marchi Yoga, Cirio e Valfrutta. Riesce a fare tutto?

"Talvolta la mia giornata inizia alle 7 e finisce alle 21. Qualcuno aveva timore che mi dedicassi poco alla Fondazione, ma non sarà così".