DE CECCO METTE SUL PIATTO CONTI RECORD E RILANCIA INVESTENDO

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QUANDO SI PARLA di marchi storici, in particolare in relazione al mondo del cibo, conviene fare molta attenzione, cercando di distinguere la realtà da quello storytelling aziendale che oggi va tanto di moda. Perché, a volte, il concetto di tradizione e il legame con ciò che è antico possono risultare abusati, o quantomeno ingigantiti, mentre in altri casi la storia è storia per davvero. E in questo secondo novero, nel Paese degli spaghetti e dei maccheroni, si colloca di diritto il Pastificio De Cecco, sorto veramente, nel lontano 1886, sulle fondamenta di un antico molino sui rilievi abruzzesi di Fara San Martino e cresciuto veramente grazie alle cure di un’unica famiglia, quella che ancora, nella persona del presidente e ad Filippo Antonio De Cecco, ha il pieno comando.

Diventando, decennio dopo decennio, uno dei punti di riferimento mondiali quando si parla di pasta. E collocandosi, a distanza di così tanto tempo da quando don Nicola De Cecco si fece notare, alle pendici della Majella, per produrre "la migliore farina del contado", un brand che, oltre ai cereali, macina numeri sempre più importanti. Parliamo, in primo luogo, dei ricavi e degli utili della F.lli De Cecco di Filippo Fara San Martino S.p.A., la società controllante, cresciuti anche nel 2020, nonostante la pandemia, e buoni per lanciare un piano di investimenti al 2025 che punta a farli lievitare ancora. Parliamo, nel primo caso, di un fatturato consolidato passato, rispetto al 2019, da 481 a 510 milioni di euro (con un Ebitda salito da 53,7 a 64,6 milioni) e di un utile di esercizio balzato da 13,7 a 21,1 milioni, frutto di una strategia d’impresa che lega la penetrazione nei mercati esteri a una presenza sempre forte entro i confini italiani. Nel secondo caso, quello del rilancio sul quinquennio appena iniziato, parliamo invece di 70 milioni di euro di investimenti già deliberati che serviranno per ampliare di circa 10mila metri quadrati lo stabilimento di Ortona (10 milioni) e per modernizzarne gli impianti (30 milioni), oltre che per rinnovare il polo produttivo di Fara San Martino (altri 10 milioni) e per realizzare una nuova olearia a Ortona oppure in Toscana (20 milioni).

Un programma ambizioso, dunque, in vista del quale De Cecco ha aperto pratiche di finanziamento per 83 milioni di euro (36 dei quali già erogati) nei confronti di soggetti come la Bei e Cassa Depositi e Prestiti e che ha lo scopo dichiarato di aumentare del 25% la capacità produttiva, che passerà dai 2 milioni quintali di pasta odierni a 2,5 milioni di quintali. Con gli altri prodotti a marchio, dai sughi pronti all’olio d’oliva ai sostituti del pane, che raddoppieranno invece di volume, passando da 250mila a 500mila quintali annui. Il tutto, se è vero che De Cecco continua a dividere equamente le sue vendite entro e oltre i confini nazionali e che il 52% dei grani utilizzati ogni anno (160mila tonnellate) viene dai campi del Belpaese, all’interno di un orizzonte profondamente italiano, certificato ulteriormente, da qualche mese a questa parte, dall’ingresso del pastificio nell’associazione di produttori Filiera Italia.

Che non vuole solo essere la prima Fondazione, guidata dal presidente di Coldiretti, Ettore Prandini, che raccoglie il fior fiore della produzione agricola nazionale, ma che si connota, soprattutto, come un polo di valorizzazione di una materia prima preziosa come il grano duro italiano. Delle potenzialità di un’azienda che nel 1889, grazie a un’intuizione del capostipite Filippo De Cecco, figlio del Nicola che possedeva il molino, inventò dal nulla il sistema di essiccazione artificiale ad aria calda che traghettò la pasta dall’artigianato all’industria, peraltro, in questi 26 lustri si erano già accorti in molti. A partire, sconfinando dall’ambito della storia a quello delle curiosità, nientepopodimeno che da Frank Sinatra, il quale negli anni ‘60, da buon italoamericano che aveva fatto fortuna, si era offerto di comprare proprio la De Cecco, ricevendo un secco rifiuto dopo la presentazione di un’offerta non soddisfacente. E se il rapporto del marchio della contadinella abruzzese con il suo Paese di nascita è sempre stato stretto, del resto, subito a ruota è sempre venuto (e resta ancora oggi) quello saldissimo con gli Stati Uniti, nato addirittura nel 1893 con la partecipazione alla World’s Columbian Exposition di Chicago, dove i ‘macaroni’ e i ‘vermicelli’ De Cecco ricevettero la medaglia d’oro e il diploma di merito "per la struttura superiore, il colore e la tenacità dopo la cottura".