Coccaglio, 26 luglio 2013 - Scuse pubbliche al Ministro Cecile Kyenge. A qualche giorno dalle dimissioni dagli incarichi di assessore ai Servizi sociali di Coccaglio e di capogruppo della Lega Nord in Comune, Agostino Pedrali ritorna sulla vicenda che ha suscitato uno tsunami di indignazione collettiva. Mentre la scorsa settimana in tutta Italia montavano polemiche roventi per il caso Calderoli, che aveva paragonato la Kyenge a un orango, l’assessore franciacortino ha offerto il proprio contributo al dibattito pubblicando sul social network una foto del Ministro accanto a quella di una scimmietta. Titolo: “Separate alle nascita”. Suggerimento agli “amici” lettori: “Dite quel che volete ma non assomiglia a un orango: guardate bene dai”.

Una battuta subito stigmatizzata dal sindaco Franco Claretti, che ha parlato di esternazione a titolo personale, e dai suoi colleghi di giunta. Costata peraltro a Pedrali un’iscrizione al registro degli indagati per diffamazione aggravata dall’istigazione razziale. «Non è facile cercare di chiarire quel che è accaduto quando tutta l’opinione pubblica, o gran parte, ha già emesso una sentenza di condanna sia del gesto, certamente sbagliato, sia della persona senza conoscere alcunché dell’uomo, del politico, del lavoratore e del cittadino che è Agostino Pedrali - esordisce l’ex assessore in una lettera fiume - Ciò che più di tutto mi preme è chiedere pubblicamente scusa del mio ingenuo e stupido gesto alla signora Kyenge, alla donna prima che al ministro, per averla offesa».


Quella foto, si giustifica il leghista, rintuzzando con decisione l’accusa di razzismo, girava su Facebook: «Ho solo tentato di far cessare uno stupido forum, sbagliando a non essere duro, deciso, fermo con chi utilizzava e scherzava attraverso l’uso dell’immagine postata da altri - continua - Anche per farle comprendere la sincerità delle mie scuse che, certamente a malincuore, ho deciso di dimettermi irrevocabilmente da qualsiasi carica e ruolo politico pubblico che da più di trent’anni ho sempre ricoperto con passione, impegno ed enormi sacrifici».

Pedrali non fa mistero dell’amarezza provata: «Ho lavorato una vita per arrivare in amministrazione e potete immaginare quanto mi sia costato lasciare - ammette - Ma il potere per il potere non mi è mai interessato: il bene della collettività e il bene del mio partito sono i valori irrinunciabili che hanno sempre guidato la mia esperienza politica e morale». Sul caso, denuncia Pedrali, «ho ricevuto minacce di morte».
Le dimissioni però non coincidono con un divorzio dalla politica tout court: «Continuerò in sezione, tra i militanti della Lega - promette - perché il prossimo anno si va ad elezioni ed è inutile dire cosa vogliamo».


beatrice.raspa@ilgiorno.net