Rapinavano bancomat in tutto il Nord Italia, sgominata banda di ladri

Gli otto criminali, tutti disoccupati, avevano due basi, una a Bologna e l'altra a Cesano Boscone

Un bancomat fatto saltare (foto repertorio)

Un bancomat fatto saltare (foto repertorio)

Milano, 20 novembre 2014 - Le ci volevano poco più di tre minuti per far saltare e poi depredare gli sportelli bancomat, mai carabinieri sono riusciti a sgominare la banda e a fermare tutti gli 8 componenti del gruppo con l'accusa di associazione a delinquere, furto aggravato e detenzione di esplosivi, in attesa della convalida. Loro sono tutti bolognesi, e disoccupati, tra i 30 e i 42 anni ma agivano anche e soprattutto in Lombardia. Ogni colpo era studiato a tavolino il pomeriggio prima, i dettagli pianificati, e ora sono accusati di ben quattro colpi, andati a segno tra l'8 e il 15 novembre tra Bergamasco, Bresciano, Veronese e Torinese.

Stando ai primi dati diffusi dai militari, la banda raggiungeva le località prescelte con tre auto di grossa cilindrata, acquistate all'estero e con le targhe contraffatte, due delle quali, di solito con quattro uomini a bordo, rimanevano di vedetta e facevano "da esca" a eventuali inseguimenti, per lasciar agire indisturbati gli altri quattro che viaggiavano sulla terza auto, quella "operativa". Qui erano trasportati gli ordigni, le cosiddette "marmotte", a forma di parallelepipedo, che applicavano ai bancomat per farli saltare in aria. Tutto durava tre minuti al massimo: la marmotta, ordigno rudimentale pieno di polvere da sparo unita a quella di alluminio, veniva applicata allo sportello automatico. La detonazione avveniva grazie a un congegno con cui i tre uomini (uno monitorava all'esterno) trasmettevano un impulso elettrico all'esplodente.

Due le azioni fallite, tra cui l'ultima, a Rivoli, nel Torinese, che ha portato alla cattura. Altre due, a Brescia e a Castelnuovo del Garda, nel Veronese, hanno fruttato rispettivamente 118 mila e 15 mila euro. Il gruppo era strutturato e agiva con tecniche paramilitari, anche grazie ai vincoli di parentela: quattro sono nipoti e cognati di Antonio Orlando, pregiudicato 50 enne originario di Potenza morto durante un colpo andato male, a marzo 2011, mentre un altro è suo fratello. Gli otto - Giuseppe Molinelli, 34 anni di Granarolo, Stefano Di Maggio, 34 di Granarolo, Massimo Mascia, 35 di Castel Maggiore, Nicola Maltese, 30 di Granarolo, Fulvio Maggio, 35 di Castel San Pietro Terme, Saverio Orlando, 42 di Granarolo, Matteo Bonaga, 41 di Sasso Marconi e Sebastiano Corso, 37 di Bologna - si incontravano in luoghi isolati per studiare i piani d'azione e comunicavano a distanza con radiotrasmittenti veicolari. Le loro basi erano due garage, uno a Bologna, in cui nascondevano le auto esca e una di riserva, sempre di grossa cilindrata, e l'altro a Cesano Boscone, nel Milanese, dove invece tenevano la station wagon operativa. Un'altra auto, con cui invece andavano in perlustrazione, era custodita in un locale a San Lazzaro di Savena.