Sesto San Giovanni (Milano), 26 aprile 2015 - Il contatore sta nell’ufficio: su un cartellone, uno dopo l’altro, vengono segnati i nomi di chi avrà uno sfratto esecutivo. Basta passare un pomeriggio alla sede dell’Unione Inquilini, sotto i portici di via Marx. Ogni lunedì le famiglie arrivano per chiedere aiuto, consulenza legale, aggiornamenti sulle loro pratiche. Casi nuovi e datati. Ormai, molti non vanno neanche più in Comune ma bussano direttamente alla porta del sindacato.
Storie tutte diverse, con un unico filo conduttore: si chiede all’amministrazione un tetto per vivere dignitosamente. Anna Punzo non ha mai avuto bisogno di un sostegno. Fino a quando, 5 anni fa, per la crisi è stata costretta a chiudere l’attività. «Avevo partecipato al bando sulla morosità incolpevole. Poi il Comune ha chiesto di presentare una nuova domanda, con altri moduli. Ho rinunciato. Perché la sensazione è che i cittadini vengano usati per ottenere dei fondi che però non vengono usati per le politiche abitative. È una procedura troppo lunga e farraginosa». Oggi Anna è in affitto e paga 750 euro al mese. «Anni fa avevo presentato istanza per la casa popolare. Poi ho lasciato perdere: riuscivo a mantenermi e ho lasciato il posto a chi ne aveva più bisogno. Tre anni fa l’ho rifatta e ora sono 234esima. Lo sfratto mi è stato sospeso per 6 mesi ma il 10 maggio dovrò uscire e non so dove andare».
Anche le soluzioni tampone che trovava il municipio sembrano un miraggio. Mina Eljaouhari e il marito Said Mohamed, arrivati dal Marocco nel 2007, a novembre faranno tre anni al residence di via Puccini. Quello per studenti e operai, diventato cuscinetto degli sfrattati. «Ci avevano detto che sarebbe stata una soluzione temporanea. Abbiamo due bimbi di 4 e 5 anni e mezzo. Said è in malattia. In graduatoria per la casa comunale siamo 740esimi. Ci hanno detto di cercare in affitto». Al residence ci sono oggi circa 15 famiglie. «Ma tra poco potremmo essere tutti fuori – spiega Mina – Abbiamo la sensazione che il proprietario voglia avere più camere possibili da affittare per Expo. Del resto, tutto il quinto piano è già stato ristrutturato e liberato per i turisti».
Errfiki Saio è residente a Sesto da 15 anni. Ha 4 figli dai 4 ai 14 anni: due di loro sono invalidi. «Ho sempre lavorato. Poi da tre anni ho avuto difficoltà. Avevo comprato casa con 140mila di mutuo. Restano 102mila euro da pagare e 15mila euro per i lavori di ristrutturazione del condominio. Ci ha aiutato la Caritas, ma non basta. Avevo orrore di lasciare debiti, così ho venduto casa. I soldi vanno a banca e condominio. E tra pochi giorni ci ritroveremo tutti per strada».
Adriana Gomez, 34 anni, 2 figli e un altro in arrivo, casa vorrebbe lasciarla ma non saprebbe dove andare. «Nel 2008 abbiamo acquistato un bilocale: mutuo di 800 euro al mese per 30 anni. Pochi mesi dopo, crolla l’intonaco addosso ai bambini. Da una nuova perizia, scopriamo che quello non è un appartamento al pianoterra ma un box trasformato e condonato poco prima. L’Asl ha certificato l’antigienicità e il sovraffollamento. C’è muffa ovunque. Abbiamo avuto tutti broncopolmoniti. Nel 2013 il Comune fece un’ispezione. Nulla è successo e siamo 500esimi per la casa popolare».