Sesto, islamici al contrattacco: "No alla moschea? Noi in regola, andremo in tribunale"

La comunità rompe il silenzio dopo la decisione della giunta di azzerare il progetto: "Mai disatteso gli impegni, le contestazioni sono assurde"

Il centro islamico è pronto a fare ricorso al Tar

Il centro islamico è pronto a fare ricorso al Tar

Sesto San Giovanni (Milano), 7 ottobre 2017 - Per tre mesi sono rimasti in silenzio. "Prima di fare qualsiasi dichiarazione aspettavamo l’incontro con la nuova amministrazione, che c’è stato solo il 7 settembre". Ieri, per la prima volta, il centro culturale islamico ha risposto punto per punto alle contestazioni sollevate dal Comune che "per grave inadempimento" è pronto a dichiarare decaduto il diritto di superficie con la relativa convenzione per la costruzione della grande moschea e per l’uso della struttura temporanea di via Luini. Annunciando anche un ricorso al tribunale amministrativo. "Facciamo appello al consiglio che si riunirà lunedì sera. Che si prenda tempo per una decisione così grave per il tessuto sociale della città", dice il presidente Gueddouda Boubakeur. Perché in questi anni la comunità islamica ha svolto un lavoro di mediazione culturale, come i corsi di italiano per bambini e adulti, e assorbimento di possibili criticità. Lunedì i vertici del centro non saranno sugli spalti. "Invito tutta la comunità e anche le persone che non condividono la mia linea a non andare in consiglio e non protestare. Lì ci sono i nostri rappresentanti, democraticamente eletti. Per noi il Comune è la casa di tutti, qualunque colore abbia". Tuttavia, se la delibera sulla decadenza dovesse essere approvata non resterà che rivolgersi al Tar. "Faremo ricorso, come già lo abbiamo presentato questa estate dopo la revoca del permesso a costruire - anticipa Boubakeur -. Non si può negare a una minoranza, qualunque sia, un diritto fondamentale che la Costituzione ha sancito". Non si fa appello solo al rispetto del diritto di culto. Il presidente replica anche alle contestazioni principali presenti nella relazione degli uffici comunali.

"Si dice che non abbiamo corrisposto 320mila euro, anche se il ritardo starebbe in 250mila euro di oneri di urbanizzazione. Non abbiamo disatteso un impegno: c’era un accordo con la vecchia amministrazione. Finché i lavori non fossero iniziati, non avremmo dovuto pagare quella tranche". Tuttavia, la rassicurazione fu data solo dalla Giunta e non dagli uffici (che ad aprile richiamavano invece al versamento della quota). E, secondo il diritto amministrativo, l’organo competente a dare proroghe non è quello politico, ma quello tecnico, cioè dirigente e funzionari. "La dilazione era stata concordata visti gli imprevisti ingenti tra la bonifica costata 400mila euro e la struttura provvisoria, che da 70mila euro di preventivo è finita a 280mila per soddisfare le richieste tecniche del Comune". Un peso economico difficile da sopportare per un’associazione. "Costava molto la soluzione di via Luini, ma abbiamo accettato. Per 26 posti auto interrati abbiamo accettato un esborso maggiore di 700mila euro. Nel capannone di via Veneto avevamo 700 metri di sala preghiera, qui solo il 20% dell’edificio sarà dedicato al culto. Per i mancanti posteggi ci siamo accollati 50mila euro di monetizzazione. Ora siamo pronti a iniziare i lavori per dare alla città un edificio bellissimo. Persino il prolungamento del metrò sta subendo ritardi. E la convenzione, per questo, prevede sanzioni".