Milano, 9 maggio 2014 -  «VI do tutti gli appalti che volete se favorite la mia carriera», annuncia nelle intercettazioni Angelo Paris, il top manager di Expo arrestato ieri. E secondo gli inquirenti parlava anche della futura Città sestese della salute.

L’ennesima inchiesta che ha terremotato la «cupola degli appalti» da Esposizione universale — sette ordini di custodia cautelare e ipotesi di reato come associazione per delinquere, corruzione e turbativa d’asta — non risparmia la progettazione dei lavori (bandi per 323 milioni) del polo sestese d’eccellenza sanitaria nonché la gestione dei servizi di supporto alle due fondazioni destinate a fondervisi, Besta e Istituto Tumori.

Al vertice di Infrastrutture Lombarde (holding regionale incaricata di appaltare e seguire i lavori per la Città della salute) Antonio Rognoni, già arrestato il 20 marzo, avrebbe «organizzato costanti incontri personali» con gli altri indagati. Incontri in cui si trasmettevano «notizie di ufficio segrete sul procedimento di formazione del bando e sulla successiva fase di aggiudicazione». Venivano così «segnalate in anticipo le migliorie in grado di assicurare», ai partecipanti da favorire, «una valutazione di favore rispetto ai concorrenti». A Sesto c’erano i politici ma anche il gotha della finanza il 3 dicembre 2013 per la presentazione del più grande progetto lombardo di edilizia sanitaria, basato per giunta sulla riqualificazione delle ex Falck dismesse da vent’anni, e con una tabella di marcia strettissima.

A marzo però, col primo giro di arresti a Infrastrutture, il sindaco Monica Chittò chiede conforto al governatore Maroni, che garantisce: nessuna ripercussione sestese. Ad aprile la società controllata dal Pirellone dovrebbe iniziare a valutare le offerte per la gara d’appalto, una mezza dozzina i concorrenti. Ma la commissione giudicante si autosospende: alcuni componenti sono colpiti da provvedimenti di interdizione.

Sul fronte bonifiche invece Milanosesto, proprietaria dell’area ex Falck che deve risanare a proprie spese, sospende la procedura di assegnazione perché le quattro cordate partecipanti si portano in pancia aziende finite in guai giudiziari. La seconda gara è vinta da Ambienthesis spa, gruppo Green Holding di Giuseppe Grossi, il re delle bonifiche rinviato a giudizio per associazione a delinquere finalizzata alla frode fiscale e poi deceduto.