Arrestato in Mauritania, altra beffa. Dopo 9 mesi salta l’udienza decisiva

Manca l’interprete. E l’operatore di Cornaredo non ritrova la libertà di ENRICO FOVANNA

Cristian Provvisionato, prima e dopo l'immotivata detenzione in Mauritania che perdura

Cristian Provvisionato, prima e dopo l'immotivata detenzione in Mauritania che perdura

Cornaredo, 7 maggio 2016 - Per un marò che potrebbe tornare, c’è un altro ostaggio italiano, meno noto alle cronache, trattenuto da un governo estero senza imputazione e senza processo. Ieri, per la prima volta dopo nove mesi, l’addetto alla sicurezza sarebbe dovuto comparire davanti a una corte, con un avvocato. Ma l’udienza è stata rinviata per mancanza di un interprete. Sempre più paradossale il caso di Cristian Provvisionato, 42 anni, di Cornaredo, prigioniero in un posto di polizia a Nouakchott, capitale della Mauritania, dopo essere stato inviato sul posto dalla Vigilar, agenzia di investigazioni milanese, per tenere una presentazione in sostituzione di un funzionario.

Pochi giorni dopo l’arrivo, l’uomo, diabetico, è stato arrestato, con l’accusa (solo verbale) di truffa informatica ai danni dello Stato mauritano, e da allora recluso a lungo a riso e acqua, in piena violazione del diritto internazionale. La famiglia intanto sta facendo di tutto per abbattere la cortina di silenzio. La madre, Doina Coman, che lo aveva visitato per due giorni a febbraio, ha lanciato più volte appelli al governo italiano anche in tv. Un gruppo di colleghe ha aperto un attivissimo gruppo Facebook che aggiorna su ogni novità e giovedì la compagna, Alessandra, e il fratello di Cristian, Maurizio, si sono recati alla Farnesina per un confronto con il Ministero, dove hanno appreso che il 18 maggio, a Roma, nel corso della conferenza Italia-Africa i ministri degli Esteri dei due Paesi affronteranno la questione. Da ultima, l’associazione «Prigionieri del Silenzio», che divulga i casi dei tremila italiani prigionieri nel mondo, si è attivata con Katia Anedda per divulgare il caso di Cristian ai massimi livelli.

Maurizio Provvisionato è invece appena tornato dalla Mauritania, dove è rimasto per una settimana, cercando di tranquillizzare il fratello sulla certezza che il surreale incubo possa avere fine. «Tutto nasce da un affare che il governo della repubblica islamica ha intrapreso con una ditta straniera - spiega - Ma qualcosa, nel business, è andato storto. A quel punto sembra si sia innescato anche un contenzioso di natura economica, si parla di milioni di euro. Per cui di fatto il governo mauritano, pur avendo la certezza che mio fratello sia del tutto innocente, lo trattenga come figura di garanzia, al posto della persona che lui ha sostituito, fino a quando non riavrà i soldi, o vedrà fatta giustizia sui colpevoli». A questo punto, però, sono molte le domande che si aprono, ammette Maurizio. «Chi sapeva che mio fratello sarebbe finito in questo ingranaggio? Quando è stato inviato in Africa per sostituire quell’altra persona, qualcuno era a conoscenza del fatto che stava per scoppiare il pasticcio, oppure l’intervento della magistratura o della polizia mauritana ha sorpreso tutti? Domande importanti cui anche i nostri legali, in Italia e in loco, cercano di dare risposta».

Maurizio ammette poi di non avere trovato il fratello in buone condizioni. «Nove mesi di detenzione, benché in un posto di polizia e non in una cella da 100 persone, come accade lì, lo hanno provato. È vero che da qualche tempo riceve anche l’insulina per il diabete, e che l’alimentazione è stata un minimo variata, ma per esempio beve l’acqua della fontana ed è un miracolo che il suo organismo, malato e non abituato ai batteri, sia ancora relativamente sano. Certo, le gengive si stanno scarnificando e i denti si stanno rovinando. Il morale poi è sotto terra. Sa di essere all’oscuro di ogni trama, lo ha dimostrato. Ma sa anche che i tempi per la liberazione potrebbero allungarsi a oltranza. E non ha senso. L’Italia si muova e faccia qualcosa».