di Luca Zorloni

Pavia, 11 giugno 2013 - Pesticidi, diserbanti e solventi aumentano fino all'80% il rischio di contrarre il morbo di Parkinson. È questa la più importante delle conclusioni a cui giunge uno studio comparativo realizzato da Emanuele Cereda, ricercatore del Policlino San Matteo di Pavia, e dal professor Gianni Pezzoli, direttore del Centro Parkinson dell'Icp di Milano e presidente della Fondazione Grigioni per il morbo di Parkinson. Il lavoro, pubblicato sull'ultimo numero della rivista scientifica internazionale Neurology di Washington, mette a confronto i risultati di 104 ricerche internazionali. Così emerge che l'esposizione a prodotti come erbicidi, fungicidi e simili può incrementare il rischio di ammalarsi di Parkinson, in percentuali che vanno dal 33% all'80%.

Il diserbante paraquat ad esempio, aumenta le probabilità di contrarre il morbo del 50%. Nei paesi in via di sviluppo, spiega Cereda, «costa pochissimo e viene venduto per strada». Stesso problema anche con fungicidi come il maneb e il mancozeb. Ma se di pesticidi si tratta, qual è il rischio provocato dalle sostanze adoperate in agricolture e rilevate dall'Agenzia regionale per la protezione dell'ambiente (Arpa) nelle acque della Lombardia? Ne sono state individuate ventisei, ma In questi casi è difficile dimostrare la correlazione tra l'esposizione ai solventi e il Parkinson, perché il numero di studi a riguardo è ridotto ed «è difficile realizzarli - spiega Cereda - poiché bisogna avere casistiche sufficienti».

Ciononostante, esistono già alcune ricerche, anche se non conclusive, che associano l'aumento del fattore rischio Parkinson al contatto, ad esempio, con glisofato e atrazina. Il glifosato è stata rilevato da Arpa nel 68% dei 168 punti di analisi delle acque di fiumi e laghi lombardi. L'atrazina è un diserbante messo al bando alla fine degli anni Novanta. Sebbene sia scomparsa dai campi, continua ad avvelenare le falde della nostra regione: il componente è stato trovato in un caso su cinque. E ancora, associazioni tra diserbanti e Parkinson sono state avanzate per il rotenone, l'acido clorofenossico, la dieldrina. Tutte sostanze che infestano le nostre acque, come certificato dall'ultimo rapporto nazionale dell'Istituto superiore per la ricerca e la protezione ambientale (Ispra). Ma gli autori aggiungono alla lista nera anche l'esaclorocicloesano, il clorpirifos e il clorpirifos-metile.

«Ancora non sappiamo da che parte entri il componente - aggiunge Cereda -, se per inalazione, se maneggiando i diserbanti, se bevendo acqua inquinata. E poi bisogna stabilire anche l'incidenza della quantità e della durata nel tempo». Le variabili in gioco sono tante e non è corretto giungere a conclusioni affrettate. Certo è che sull'inquinamento di fiumi e laghi bisogna accendere un faro anche per le ricadute sulla nostra salute. Interpellato da Il Giorno sui risultati del rapporto nazionale Ispra, il responsabile sostante pericolose dell'istituto, Giovanni Paris, aveva sottolineato che «ancora non si conoscono i rischi legati al mix di sostanze». E di cocktail velenosi le acque lombarde sono piene. In un campione, ad esempio, sono state individuate fino a 23 componenti chimiche.

Gli autori dello studio sul Parkinson spiegano che queste ricerche sono utili per programmare politiche sanitarie di prevenzione. Un malato affetto dal morbo degenerativo costa in media al sistema sanitario nazionale tra i 250 e i 300 euro al mese. Alcuni studi clinici hanno dimostrato che prevenire permette di abbattere i trattamenti farmaceutici di quattro anni. A conti fatti, un ambiente più pulito conviene anche allo Stato.

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