Milano, 6 luglio 2013 - Dalle praline alle aule di Tribunale. Rischia di finire a colpi di carte bollate la guerra tra Prada e Louis Vuitton per la pasticceria Cova. Eppure sembrava tutto fatto: due settimane fa, l’annuncio della vendita del regno del dolce alla holding Lvmh. Battuta la concorrenza della casa di moda italiana, che pare avesse offerto 12 milioni di euro per acquisire l’80% del capitale. Niente da fare: arrivano i francesi, con Paola e Daniela Faccioli, eredi della famiglia che ha fatto fortuna in via Montenapoleone, confermate nel management «per garantire la continuità e il successo conquistato in 200 anni di storia».

Ora, però, tutto torna in gioco. Sì, perché nei giorni scorsi, secondo quanto risulta all’agenzia Radiocor, Prada è passata al contrattacco: il gruppo ha infatti aperto un contenzioso con gli azionisti storici del locale caro a Giuseppe Verdi, ritenendo di detenere diritti sul marchio e sulla società Cova Montenapoleone spa, che gestisce l’esercizio commerciale. Pare che l’azione legale sia stata avviata a metà giugno, quindi prima che venisse formalizzato l’accordo con i rivali di Louis Vuitton Moet Hennessy per un valore di circa 33 milioni di euro (80% delle azioni). Insomma, mentre l’operazione della società transalpina è avvenuta ai piani alti della catena societaria, la rivendicazione di Prada prende di mira le società a valle della catena medesima, quindi il marchio e la partecipazione nella società operativa, di cui gli avvocati avrebbero chiesto il sequestro. Secondo il gruppo quotato a Hong Kong, le lettere scambiate nel corso dei negoziati con la famiglia Faccioli (poi non andati a buon fine) costituirebbero veri e propri atti di compravendita.

Già partiti gli accertamenti del caso: la decisione del Tribunale sulla richiesta di sequestro, fanno sapere fonti vicine all’affare, dovrebbe arrivare entro la fine del mese; si fronteggiano lo studio Bonelli, Erede e Pappalardo per il gruppo guidato da Patrizio Bertelli e lo studio Chiomenti per la famiglia Faccioli. E ora? Saranno i giudici a dire l’ultima parola. Una matassa tutt’altro che facile da sbrogliare, anche perché in corsa ci sono due colossi. In mezzo, quella che, forse con un po’ di snobismo, si continua a chiamare semplicemente «confetteria», così come si diceva quando fu aperta, due secoli or sono, a un passo dalla Scala. Era il 1817. Restò da quelle parti fino al 1950, poi l’approdo in Montenapo, il tempio delle griffe. Lì arrivarono le starlette, la celebrità internazionale, il mito. Citata, fotografata, filmata, raccontata. La pasticceria Cova è entrata nei libri di storia e perfino in quelli di letteratura. Niente meno che Hernest Hemingway parla di Cova in ben due opere, vale a dire «I quarantanove racconti» e il celeberrimo «Addio alle armi». Con l’arrivo di Louis Vuitton, Cova puntava a «conquistare anche il resto del mondo». Puntava sì. Perché adesso lo scatto d’orgoglio (anche patriottico?) di Prada riapre la partita Italia-Francia.

di Nicola Palma