Lecco, 21 marzo 2014 - «Ha cominciato a ricordare i fatti». L’avvocato Andrea Spreafico conferma che la sua assistita per la prima volta ha iniziato ad accennare a quanto avvenuto nelle prime ore di domenica 9 marzo scorso, nell’appartamento di corso Bergamo 87. Sono i primi flash che riaffiorano alla mente di Edlira Copa - trentasette anni, di origini albanesi - che in quella notte tragica ha ucciso a colpi di coltello le sue tre figlie, Simona (13 anni), Keisi (10) e Sidny, che di anni ne aveva solo tre.

Quanto di razionale ci sia in quel ricordo per ora è ancora presto per dirlo, come ci racconta lo stesso difensore. «Siamo agli inizi e ogni sua valutazione morale e personale sul fatto mi è difficile da percepire - spiega ancora l’avvocato Spreafico -. Anche perché lei alterna momenti di lucidità ad altri di confusione dovuti al fatto che comunque a tratti è ancora sedata». Sedata per i postumi dei tre interventi chirurgici a cui è stata sottoposta.

Eppure qualcosa comincia a muoversi nella psiche di Eda «che mi ha pure chiesto come stanno i parenti», ha aggiunto il difensore a conferma di come nel suo letto di ospedale, piantonata ventiquattro ore su ventiquattro da due agenti di polizia penitenziaria del reparto di Chirurgia del Manzoni, la donna ora comincia a relazionarsi con la realtà e a tornare su quell’immane massacro dietro a cui c’è la sua mano, quella di una madre che armata di coltello ha posto fine alla vita delle sue tre figlie.

Un delitto atroce di cui peraltro si è subito assunta la piena responsabilità (è in stato di arresto con l’accusa di omicidio plurimo aggravato) di fronte al sostituto Silvia Zannini, titolare dell’inchiesta, alla quale aveva confessato di temere per le sue bimbe un futuro di stenti dopo la separazione dal marito, Bashkim Dobrushi, e le conseguenti difficoltà economiche emerse anche per un lavoro che non aveva. Una motivazione tanto assurda quanto follemente razionale sulla cui attendibilità dovranno pronunciarsi gli esperti nella perizia psichiatrica.

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