Dolzago, 6 settembre - Lino Cesana, il camionista di 53 anni di Dolzago che martedì ha cercato di uccidere a colpi di katana Vittorio Marchetti, il dirimpettaio di 76 anni, resta in carcere. Questa mattina, venerdì, il giudice per le indagini preliminari del tribunale di Lecco, al termine dell’interrogatorio di garanzia, ha convalidato l’arresto, motivando la decisione con la constatazione che l'autotrasportatore ha commesso un gesto troppo grave per beneficiare dei domiciliari o di provvedimenti alternativi, come invece avanzato dagli avvocati difensori Zotti e Marcello Perillo.

L’autista ha comunque risposto a tutte le domane poste, spiegando nel dettaglio quanto accaduto e sostenendo di essere convinto che il condomino lo derubasse entrando nel suo appartamento con una copia di chiavi che avrebbe ottenuta non si sa come. Una giustificazione che tuttavia anche lui si è accorto essere estremamente illogica: “Quanto in televisione seguivo servizi e reportage su episodi analoghi mi chiedevo come fosse possibile perdere la testa in tal modo, ora che è successo a me non lo comprendo lo stesso“.

Ai magistrati ha raccontato di aver incontrato per caso il pensionato nel tornello dei garage della palazzina dove vivono entrambi in via ai Poggi. “Hanno cominciato a discutere animatamente, poi il nostro assistito ha chiesto all'anziano di andarsene ed è entrato nel proprio box per prendere le bottiglie dell'acqua - hanno riferito i suoi legali  -. L'altro però lo ha seguito nella rimessa, il battibecco è proseguito e il 53enne ha afferrato una spada comperata come souvenir ad un mercatino di paese”.

Dopo aver menato parecchi fendenti contro il malcapitato lo ha abbandonato a terra, in una pozza di sangue e, come in stato di trance, si è recato al lavoro, a Olginate, dove è stato rintracciato e arrestato dai carabinieri della stazione locale e di quella di Oggiono. Se non si fossero incrociati o avessero litigato altrove probabilmente non sarebbe capitato nulla del genere. Invece adesso, come minimo, rischia una condanna a dieci anni di reclusione, a meno che i suoi difensori non scelgano di sostenere e provare la seminfermità mentale dell'autista.

E’ parso infatti come ossessionato, nei confronti del vicino. Il quale è ancora ricoverato in prognosi riservata alla clinica San Giuseppe di Milano, dove è stato sottoposto a un delicato chirurgico per salvargli le braccia che ha proteso per difendersi dagli assalti all'arma bianca, un'azione istintiva che gli è costata l’amputazione di una mano che gli ha certamente salvato la vita.