Paderno d’Adda, 5 agosto 2013 - Non ha ancora un nome nè un volto l'uomo il cui cadavere è stato ripescato domenica dalle acque dell'Adda a Paderno, nel tratto di fiume che corre a valle della diga della centrale idroelettrica dell'Edison. “Dai primi accertamenti si sa solo che avrebbe l'apparente età di 45 anni e che si tratta di una persona sposata, perchè indossava la fede con inciso all'interno il nome della moglie e la data del matrimonio“, comunicano gli investigatori.

I carabinieri della stazione locale di Merate, alle dipendenze del comandante interinale maresciallo Michela Ugolini, stanno passando in rassegna tutti i casi di scomparsa, un lavoro lungo e impegnativo, che al momento tuttavia non ha fornito i risultati sperati. La salma, in avanzato stato di decomposizione al punto che i lineamenti del viso risultano irriconoscibili, è stata ricomposta presso la camera mortuaria dell'ospedale San Leopoldo Mandic.

Nessuna certezza nemmeno sul fronte delle possibili cause del decesso. Il corpo ormai privo di vita non presenterebbe particolari segni, ma è rimasto in acqua troppo a lungo, forse addirittura un mese, per sperare in riscontri superficiali. Per questo il magistrato di turno ha disposto l'autopsia che verrà eseguita nei prossimi giorni. Fino ad ora non è stato aperto alcun fascicolo d'inchiesta nè sono stati ipotizzati reati, segno che dalla procura si propende per un tragico incidente o gesto estremo, sebbene gli investigatori non escludano alcuna ipotesi in attesa dell'esito dell'esame necroscopico.

Le operazioni di recupero si sono rivelate molto complesse e sono durate parecchie ore,  dal pomeriggio sino alla sera dell'altro giorno. Hanno partecipato alla task force i pompieri volontari di Merate e i sommozzatori di Treviglio. Si sono mobilitati pure i componenti di un equipaggio dell'elicottero del 115. I resti sono stati individuati in una zona inaccessibile, sia dal torrente sia dal cielo, nemmeno calandosi con il verricello dal mezzo aereo a causa della fitta boscaglia.

Per questo i vigili del fuoco hanno dovuto raggiungere il luogo del macabro rinvenimento a piedi e recuperarlo a forza di braccia. Per via del pessimo stato di conservazione inoltre si sono dovuti muovere con estrema cautela, in modo da non compromettere nulla. Per l'olezzo nauseabondo, accentuato dal caldo, uno di loro, nonostante l'esperienza e in qualche modo l'abitudine a simili compiti, ha pure accusato uno svenimento, tanto da rendere necessario l'intervento dei sanitari del 118.