Cantù (Como), 8 giugno 2014 - «Dio del cielo, Signore delle cime, un nostro amico hai chiesto alla montagna. Ti preghiamo, su nel paradiso, lascialo andare per le tue montagne». Sono state le parole della preghiera degli alpinisti ad accogliere ieri sera, nella cappella dell’oratorio di San Paolo, gli amici e i familiari di Matteo Tagliabue, il giovane alpinista comasco che ha trovato la morte otto giorni fa sull’Alpamayo, grande classico delle ascensioni nelle Ande, insieme al compagno di scalata Enrico Broggi. Troppo difficile trovare le parole giuste per consolare il dolore di chi piange due ragazzi di neppure trent’anni, scalatori esperti e pieni di vita, partiti per quell’avventura che avrebbe cementato ancora di più la loro amicizia.

«Era una montagna anche il Calvario – ha spiegato don Lino Cerutti, prevosto emerito di San Paolo, uno che Matteo lo conosceva bene, come tanti dentro l’oratorio dove sia lui sia la madre erano molto attivi nelle iniziative di volontariato – eppure dalla morte di Gesù è arrivata vita. In questi momenti così difficili dobbiamo pensare a che cosa amano i nostri figli e questo deve alimentare la nostra speranza e la nostra preghiera». Difficile per i familiari dei due ragazzi riuscire a rassegnarsi alla tragedia, per giorni hanno sperato in una buona notizia da parte dei soccorritori che però non è mai arrivata. I corpi dei due giovani, legati dalla stessa corda, sono stati avvistati da alcuni elicotteri che hanno sorvolato il ghiaccio, una sessantina di metri più in basso del punto in cui li ha travolti la slavina. «Se davvero volete conoscere lo spirito della morte – ha concluso don Lino usando le parole del poeta Kahlil Gibran – spalancate il vostro cuore al corpo della vita, poiché la vita e la morte sono una cosa sola, come una sola cosa sono il fiume e il mare».

A pregare tra le lacrime gli amici di Matteo, molti come lui animati dalla passione per la montagna e membri del Cai, altri volontari dell’associazione La Soglia, che aiuta i ragazzi extracomunitari a inserirsi. «Grazie a tutti – li ha voluti ringraziare alla fine delle breve cerimonia la mamma del giovane – mi avete dato più di quello che ho potuto donarvi io collaborando con voi. Avete saputo trovare le giuste parole per consolare il nostro dolore». Le ricerche dei due giovani proseguiranno, tempo permettendo, nei prossimi giorni, anche se il corpo di Matteo, esaudendo un suo desiderio, potrebbe non fare mai più ritorno in Italia, rimanendo per sempre tra i ghiacci dell’Alpamayo.