Mozzate (Como), 24 aprile 2014 - Il suo corpo è stato abbandonato un mese e mezzo fa, in una zona impervia e acquitrinosa a una decina di chilometri da Rimini. Un’area vastissima, una cava con un corso d’acqua, sterrati che sfociano in piccole paludi, boscaglia piena di rovi. Dal 28 febbraio, il corpo di Silvio Mannina è nascosto in uno di questi anfratti di fango o acqua. Lo ha confessato ieri pomeriggio Dritan Demiraj, durante un interrogatorio durato cinque ore.

È stato lui a chiedere al magistrato di Como, Simone Pizzotti, di essere sentito, roso – ha detto – dal rimorso di coscienza con cui non riusciva più a fare i conti. Da giorni, aveva solo un pensiero: Silvio Mannina abbandonato in quella cava, mai seppellito come si merita ogni morto. Lo aveva conosciuto quella sera, attirato all’appuntamento di Rimini dalla attuale compagna di Dritan, Monica Sanchi. Ma Mannina si era trovato davanti il ventottenne albanese, ex compagno di Lidia Nusdorfi, padre di suo figlio, l’uomo con il quale lei non voleva più avere a che fare. Lo aveva lasciato a luglio dello scorso anno, e non si era portata via nemmeno suo figlio.

L’ultima relazione della donna, morta nel sottopassaggio della stazione di Mozzate la sera del 1° marzo, per le coltellate che le ha assestato Demiraj, era stata con Silvio Mannina, trentenne originario di Castano Primo, che era senza fissa dimora. La loro frequentazione era durata da dicembre a febbraio, resa pubblica su Facebook dove tutti, anche Dritan, avevano potuto vedere. Quando Mannina è arrivato a Rimini, si era risentito di non trovarsi solo con Monica, come si aspettava. I due uomini avevano avuto una discussione, Dritan lo aveva convinto ad allontanarsi con lui perché gli doveva parlare. Aveva bisogno – gli ha detto per convincerlo – del suo aiuto per avvicinare Lidia, per il bene dei bambini che lei aveva lasciato a Rimini. I due si erano diretti nell’entroterra, nella zona della cava, dove però sarebbe nata una discussione.

Mannina, all’improvviso, si sarebbe rivelato poco disponibile ad aiutare Demiraj, ritrovandosi all’improvviso le sue mani attorno al collo. Ex pugile, fisico atletico, Demiraj ha avuto la meglio. Lo ha lasciato lì, nascosto, in un punto imprecisato, al buio. Il giorno dopo, assieme alla Sanchi e al telefono cellulare di Mannina, è partito per Mozzate, dove spacciandosi per Silvio, è riuscito a far arrivare Lidia alla stazione, dove l’ha accoltellata. Quel giorno, in auto con loro due, c’era anche una terza persona, un minorenne di cui ieri Demiraj non ha voluto rivelare il nome, assicurando che non aveva niente a che fare con l’omicidio. Un aspetto, quest’ultimo, che spetterà comunque agli inquirenti stabilire.

Ora riprenderanno le ricerche dei resti di Mannina, scandagliando con maggiore attenzione quell’are, molto più ristretta rispetto a quanto fatto nei giorni scorsi, che Demiraj ha indicato, per quanto gli è riuscito di ricordare. A margine, per il momento, rimane il ruolo esatto di Monica Sanchi: indagata per favoreggiamento, fin da subito ha cercato di dimostrare l’inconsapevolezza di tutto ciò che ha fatto assieme a Dritan in quei due giorni, prendendo le distanze da ogni ipotesi di concorso.