Lavoro a Varese, forse è la svolta buona

Nel 2017 il tasso di disoccupazione è sceso al 6,5%

L'emergenza Covid ha pesato sulla creazione di nuovi posti di lavoro

L'emergenza Covid ha pesato sulla creazione di nuovi posti di lavoro

Varese, 20 marzo 2018 - «Chi non lavora, non fa l’amore», cantava Adriano Celentano in una celebre canzone. E ora, dopo tanti anni di crisi, i varesini possono tornare a sorridere e a guardare al futuro con maggiore fiducia. L’indicazione più eclatante è quella relativa al tasso di disoccupazione, ossia il rapporto tra le persone in cerca di un’occupazione e le forze di lavoro.

Sulla base dei dati appena resi noti dall’Istat – ed elaborati dall’Ufficio Studi e Statistica della Camera di Commercio – infatti, se si fa una media, nel 2017 in provincia di Varese questo indicatore è sceso al 6,5%. Una diminuzione di ben due punti e mezzo percentuali rispetto al picco della crisi registrato nel 2015, quando lo stesso indicatore era salito fino al 9%, registrando quello che fu un record in negativo per il nostro territorio. Questo significa che le persone disoccupate sono diminuite dalle 36mila dell’anno dell’Expo di Milano, alle attuali 27mila. Le buone notizie non finiscono qui. Nel contempo, anche il tasso di occupazione (il rapporto tra gli occupati e la popolazione tra i 15 e i 64 anni) è in miglioramento e si è attestato nel 2017 al 67,6%, quando appena due anni prima era al 63,7%. In questa direzione va poi anche un altro dato: sempre in provincia di Varese, e sempre lo scorso anno, le assunzioni hanno fatto segnare un confortante +17,2%, raggiungendo quota 121.320 contratti stipulate tra gennaio e dicembre. Finalmente, sottolinea la Camera di Commercio, per il secondo anno di fila – e nel 2017 ciò è più evidente che nel 2016 – osserviamo una continuità di segnale, trimestre dopo trimestre, con le assunzioni che sopravanzano il numero delle cessazioni contrattuali. In particolare, il dato significativo registrato per tutto l’anno scorso è che gli avviamenti al lavoro sono sempre restati al di sopra del livello delle cessazioni. Questo a eccezione dell’ultimo trimestre, in cui è normale osservare un maggior numero di interruzioni dei rapporti di lavoro con l’approssimarsi della fine dell’anno e la “fisiologica” discontinuità dei contratti.

Ma non sono tutte rose e fiori: qualche segnale preoccupante, o comunque da migliorare, c’è. Dalla Camera di Commercio sottolineano come sia ancora preponderante la quota dei contratti a tempo determinato (70,5%), in aumento in valore assoluto, rispetto allo scorso anno, quando erano 6mila in meno. Più in generale i contratti a termine, quindi con una scadenza, raggiungono la quota dell’87,8%, relegando quelli a tempo indeterminato al 12,2%. In ogni caso, migliora la situazione dei giovani, i più penalizzati dalla crisi e quelli che continuano a fare più fatica a entrare nel mondo del lavoro. Tornando ai dati Istat sul tasso di disoccupazione, infatti, risultano in miglioramento le cifre relative alle giovani generazioni: qui l’indicatore scende dal 32,1% del 2015 al 29,3% dello scorso anno. Un calo che, però, non deve far abbassare l’attenzione rispetto alla situazione di questa fascia di popolazione, che comprende ragazze e i ragazzi tra i 15 e i 24 anni, escludendo quelli ancora inseriti nel percorso scolastico. Resta, infine, la differenza di genere. L’Italia si conferma un Paese che, oltre ai giovani, penalizza anche le donne: la disoccupazione al femminile, pur scendendo dall’11% del 2016 al 7,8% dello scorso anno, rimane più alta di quella al maschile, ora al 5,4%.