Vaccinazione di massa: "A Viggiù risposta plebiscitaria"

Giuseppe Catanoso, direttore sanitario di Ats Insubria: "Profilassi senza intoppi, questo è un paese modello"

Un successo la vaccinazione di massa a Viggiù

Un successo la vaccinazione di massa a Viggiù

Viggiù (Varese) - Da lazzaretto della variante ignota, Viggiù si è trasformata in una sorta di progetto pilota destinato a fare da esempio a tutta l’Italia. Da domenica i cittadini sono alle prese con la vaccinazione di massa. Si procede per età ma anche per tipo di vaccino: per i più Moderna, per i soggetti sani il chiacchierato AstraZeneca. Le inoculazioni hanno luogo nella palestra della scuola Buzzi-Reschini di Saltrio, Comune confinante, dove ieri era presente Giuseppe Catanoso, direttore sanitario Ats Insubria.

Dottore, come sta andando?

"Molto bene. L’adesione al vaccino sfiora il 90 per cento. La popolazione è prevalentemente anziana, ma ci auguriamo che anche i più giovani riescano a vaccinarsi conciliando l’impegno lavorativo a quello richiesto per venire qui al centro".

In termini numerici qual è il vostro obiettivo?

"Ci auguriamo di vaccinare almeno il 70 per cento dell’intera popolazione di Viggiù. Questo sarebbe un grande successo e porterebbe il paese alla cosiddetta immunità di gregge".

Avete incontrato reticenze?

"Noi abbiamo invitato tutta la popolazione sopra i 18 anni, con sms, email o avvisi istituzionali, a vaccinarsi e a presentarsi qui. Se la tendenza di adesione attuale viene mantenuta, saremo molto soddisfatti".

La vaccinazione a tappeto di Viggiù è un modello sperimentale, che potrebbe essere replicato a livello nazionale?

"Sì. E’ un test, inteso come vaccinazione di massa. Abbiamo cinque postazioni di vaccinazione che ci permetteranno di arrivare a vaccinare una media di circa 600-700 persone al giorno. Possiamo arrivare a un totale di quattromila persone vaccinate. Questo è il nostro calcolo e soprattuto il nostro auspicio".

A livello nazionale, invece?

"Per procedere a ritmi spediti, dovremo arrivare ad avere circa trenta postazioni per la somministrazione del vaccino per ogni centro. Viggiù è un bel banco di prova".

A proposito di numeri. C’è stato un gran malumore tra gli abitanti perché i dati non sono apparsi molto chiari fin da subito. Ci chiarisce, una volta per tutte?

"Il problema di Viggiù è stato che sono state evidenziate tre tipologie di varianti oltre il ceppo originario. La “Wild-type” quella di Whuan, ha registrato nove casi. La scozzese tredici. Quella inglese, tre casi".

E quella sconosciuta?

"Sono stati sette i casi".

Tanti da giustificare la chiusura?

"Dopo lo screening di massa, è stato evidenziato che cinquantotto soggetti avevano una carica virale troppo bassa, perché il campione potesse essere correttamente sequenziato, dunque, non sappiamo se all’interno di quei cinquantotto, messi in quarantena, ci sono altri tipi di varianti".

Quando, secondo lei, si potrà dire di aver effettuato un buon lavoro a Viggiù?

"Se riusciamo a impedire che il virus si diffonda tra le persone anziane, e in generale, tra le categorie più a rischio. È questo che ci serve. Bloccare la diffusione. C’è una grande sinergia tra più parti: Comune, Protezione civile e i volontari. In aggiunta i medici di medicina generale ci stanno dando una grossa mano perché vaccinano sia qui, al centro, che a domicilio, raggiungendo le persone che non possono spostarsi".

Nessuna problematica?

"No. È mancato il wifi per un po’, ma niente di irrisolvibile".