Varese, Umberto Bossi in ospedale. Il senatùr e quel “leghista rosso”

Daniele Marantelli (Pd, ex Ds) racconta il suo rapporto con il fondatore della Lega

Daniele Marantelli a Varese insieme a Umberto Bossi

Daniele Marantelli a Varese insieme a Umberto Bossi

Varese (17 febbraio 2019) - Lo chiamavano il “leghista rosso”. Per il ruolo di “pontiere” fra centrosinistra e Lega, ma anche per il rapporto personale con Umberto Bossi e Roberto Maroni. Daniele Marantelli, ex parlamentare con lungo curriculum fra Pci, Pds, Ds e Pd, racconta il “suo” senatùr. «Bossi - spiega - ha raccolto tutta l’insofferenza della gente del Nord per la burocrazia e i formalismi che creavano crescenti problemi allo società lombarda e ha saputo incanalarla in un soggetto politico». Marantelli ha assistito all’ascesa leghista. «Ricordo nel 1985 quando Giuseppe Leoni fu eletto consigliere comunale a Varese - continua - L’architetto pronunciò il primo discorso in dialetto. Qualcuno rise. Io mi accorsi, vedendo il clima e le persone che ascoltavano, che non c’era da ironizzare». Quel movimento, dice Marantelli, «era destinato a crescere. Il resto lo fecero il ciclone Tangentopoli e la spinta autonomista che è nel Dna dei lombardi». Negli anni l’ex deputato Pd ha stabilito un legame saldo con Bossi, pur nelle differenze politiche. «Fra noi - spiega - c’è un rapporto abbastanza speciale. Io sono un sostenitore del federalismo. Il centrosinistra ha sbagliato a farsi scippare i temi dell’autonomia e della libertà. Lui ha sempre avvertito questa mia attenzione». Una stima che ha attraversato le vicende della politica italiana.

Con un terzo attore nel “triangolo”, Roberto Maroni «All’epoca del governo Prodi - ricorda Marantelli - volevo organizzare un dibattito sul federalismo con voci del Pds e della Lega. Andai a una festa del Carroccio. Chiesi a Bossi, all’epoca in polemica con l’ex ministro dell’Interno dopo l’addio a Berlusconi, chi potevo invitare. Lui mi disse: “Fai un massaggino al tuo amico Maroni, che c’è bisogno che rientri”. Fra i due ci fu una frattura netta, che però non ha mai compromesso il rapporto personale». Nel 2004 Bossi fu vittima di un grave malore che lo costrinse a una lunga riabilitazione. «La mia relazione con il senatùr - continua Marantelli - fu molto influenzata dalla sua malattia. Vissi l’intera vicenda con una certa emotività. Mia madre era stata colpita da una patologia simile». L’esperienza segnò Bossi nel fisico, ma non solo. «Ricordo quando lo incontrai alla presentazione del Varese Calcio - rammenta l’amico - C’era anche Giorgetti. Lui riuscì a sfuggire al controllo ferreo di chi lo assisteva e mi prese sotto braccio. Guardando il Sacro Monte mi chiese come stava la mia famiglia. Prima non sarebbe mai successo». Nel ’93 Bossi, Maroni e Marantelli furono protagonisti di un episodio rimasto un unicum nella storia politica italiana. Il varo della prima giunta a trazione leghista a Varese, con l’astensione del Pds.

Un'intesa nota come “patto delle pennette” perché l’ok di Bossi arrivò per telefono, mentre Maroni gustava un piatto di pasta al sugo in via San Martino. Marantelli consegna un ricordo inedito dell’esperienza, poi finita in soffitta con la fine della giunta Fassa. «Il nostro (del Pds, ndr) era un appoggio esterno, ma riuscimmo a fare sentire il nostro apporto nella formazione della giunta. Un mese dopo morì l’assessore al Bilancio Eraldo Benvenuti, un tecnico. Ai funerali Maroni mi avvicinò per conto di Bossi e mi fece un discorso chiaro. “Ci devi dare una mano - disse - Devi fare tu l’assessore al Bilancio». Io rinunciai. Non c’erano le condizioni politiche». Una dimostrazione in più della stima fra tre protagonisti del passato politico varesino e italiano.