Tumore al fegato, all'ospedale di Circolo di Varese trattamenti innovativi

È uno dei pochi ospedali in Italia in cui viene proposta una cura all'avanguardia

Gianni Bonelli, direttore generale dell'ospedale

Gianni Bonelli, direttore generale dell'ospedale

L’Ospedale di Circolo di Varese è uno dei pochi centri in Italia in cui viene proposto un trattamento innovativo per la cura dei tumori al fegato. Sono solo una ventina in tutta la penisola le strutture che offrono il trattamento con microsfere radioattive contenenti ittrio 90 ai pazienti con tumore al fegato polifocale non operabile. Tra queste c’è il team multidisciplinare varesino composto dagli specialisti della Medicina nucleare, della Radiologia interventistica, della Fisica sanitaria, oltre a quelli dell’Oncologia medica e della Gastroenterologia. Dallo scorso gennaio i pazienti con tumore epatico non resecabile, ovvero non operabile in quanto polifocale (cioè diffuso all’intero organo o comunque a un intero lobo), possono essere sottoposti a questo trattamento chiamato Sirt, cioè Selective Intra-arterial Radiation Therapy.

"Tecnicamente – spiega Diego De Palma, direttore della Medicina Nucleare – dapprima si procede con uno studio diagnostico mediante un radiofarmaco che, iniettato, permette di evidenziare la dislocazione e la diffusione delle lesioni epatiche, così da valutare la fattibilità del trattamento e stabilire, insieme all’esperto di Radioprotezione della Fisica Sanitaria, la corretta attività terapeutica. Successivamente, a distanza di 3-4 settimane, si procede con la somministrazione della terapia, cioè con l’iniezione delle microsfere radioattive". L’operazione è delicata e si svolge nelle sale di Radiologia interventistica: a seconda della collocazione delle lesioni, il radiologo raggiunge con un catetere l’arteria epatica nel punto più idoneo per colpire in modo mirato.

Una volta aperta la strada è il medico nucleare che somministra le microsfere che, a migliaia, si vanno a posizionare nei vasi capillari che irrorano le lesioni tumorali da distruggere con le radiazioni. Le microsfere hanno un diametro tale da permettere di raggiungere i vasi capillari, ma non di andare oltre, evitando il rischio di raggiungere altre parti dell’organismo causando pericolose ulcere. "Anche in un periodo complesso come quello attuale – sottolinea il direttore sanitario dell’Asst Sette Laghi Lorenzo Maffioli (foto in alto) – i nostri professionisti proseguono nel curare i pazienti oncologici, senza farsi ostacolare dalle difficoltà e anzi aprendosi alle più moderne soluzioni disponibili".