Varese, trapianto record all'Ospedale di Circolo

Organi prelevati a cuore fermo e “rianimati” durante il viaggio

Un trapianto all'Ospedale di Circolo di Varese

Un trapianto all'Ospedale di Circolo di Varese

 Varese, 13 aprile 2019 – È stato un trapianto eccezionale, per il tipo di donatore e per il modo in cui gli organi sono arrivati a destinazione, «tenuti in vita» o «rianimati» da macchine che funzionano come quelle per la circolazione extracorporea durante alcuni interventi al cuore. Tecnicamente si chiama «perfusione», e l’Ospedale di Circolo di Varese è stato uno dei primi in Italia a praticarla dotandosi di dispositivi di ultima generazione trasportabili, che hanno permesso, nei giorni scorsi, di prelevare i reni, i tessuti e i polmoni da un donatore a cuore fermo e di farli arrivare a destinazione in condizione di essere trapiantati.

Il trapianto da donatore in arresto cardiaco irreversibile (anziché in morte cerebrale, col cuore che continua a battere e a irrorare gli organi col sangue) è una frontiera della medicina, che aumenta le possibilità per le persone in attesa. A fare la differenza sono appunto le tecniche di «perfusione normotermica regionale», che permettono di rimediare ai danni dell’ischemia (il mancato afflusso di sangue) e riportare gli organi a condizioni biologiche che li rendono trapiantabili. È una frontiera recente, in cui la Lombardia è all’avanguardia: il primo trapianto di polmone da donatore a cuore fermo in Italia è stato effettuato nel 2014 al Policlinico di Milano, il primo di fegato l’anno dopo al Niguarda, dove lo scorso ottobre se ne contavano già 25, metà della casistica italiana. Anche il trapianto di Varese, per quanto riguarda i polmoni, è uno dei primi nel nostro Paese. Ma non basta possedere le macchine adatte: il rianimatore e l’équipe di terapia intensiva, spiega Daniela Maretti, coordinatrice provinciale dei prelievi di organi e tessuti, «accompagnano il paziente verso la donazione, preparandolo affinché il suo gesto generoso risulti efficace». Prima del prelievo sono intervenuti il cardiochirurgo, il cardioanestesista e i tecnici perfusionisti con l’Ecmo compartimentale, il sistema di circolazione extracorporea che preserva gli organi addominali. E poi i reni del donatore, prelevati dall’équipe del professor Giulio Carcano, direttore della Chirurgia generale d’urgenza e dei trapianti dell’Ospedale di Circolo, sono stati collegati alla macchina di perfusione durante il trasporto a due ospedali indicati dal Nord Italia Transplant Program, dove sono stati trapiantati con successo.

La perfusione ipotermica sia immediatamente che durante il «viaggio» è diffusa in Spagna e negli Usa come alternativa al trasporto «in ghiaccio», per ridurre il gap tra organi trapiantabili e persone che ne hanno bisogno. «La donazione degli organi – ricorda il professor Carcano – è un’attività estremamente complessa che coinvolge decine di operatori in modo coordinato e perfettamente integrato in rete. Ogni realtà locale contribuisce a un sistema più ampio, interaziendale, regionale e nazionale. Solo così il valore della donazione raggiunge il massimo risultato possibile».