Siriano fermato, il padre tradito: "Se va con gli estremisti qui non entra più"

Varese, nelle intercettazioni l’angoscia del genitore del foreign fighter

Il padre di Mahmoud

Il padre di Mahmoud

Varese, 8 agosto 2016 - «Se decide di rimanere in Siria può farlo ma non a casa mia, non mi deve più avvicinare». Con questa e altre frasi, intercettate dalla Digos, il padre del presunto foreign fighter siriano Mahmoud Jrad, fermato a Varese nell’ambito di un’inchiesta della Procura distrettuale anti-terrorismo di Genova, esprimeva con la moglie rabbia e preoccupazione per la deriva estremista del 23enne e per la sua volontà di tornare in Siria per unirsi ai qaedisti di Al-Nusra. Dalle indagini emerge quindi un rapporto conflittuale tra un padre, tradizionalista e profondamente religioso, e un figlio che secondo le accuse stava per oltrepassare quel confine che separa l’estremismo dalla lotta armata. Ghiyas Jrad, il padre di Mahmoud, 50 anni, era arrivato in Italia 15 anni fa. Dopo un po’ di tempo la famiglia lo aveva seguito nel quartiere popolare di San Fermo, alla periferia di Varese. In una situazione di ristrettezze economiche è riuscito a mantenere i suoi nove figli, cercando di inserirsi nella comunità. Il primogenito Mahmoud ha raggiunto i genitori nel 2009, a 16 anni, ma non è mai riuscito a integrarsi in Italia e a trovare un lavoro stabile. In questa esistenza problematica, a un certo punto si è innestato un «processo di radicalizzazione» che, sottolinea il gip di Varese Anna Giorgetti nell’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dopo l’interrogatorio di convalida del fermo, «oltre all’aspetto», con la decisione di vestirsi solo con lunghe tuniche e farsi crescere la barba, «comporta un significativo cambiamento nel modo di pensare portandolo a rifiutare la realtà nella quale vive» e a entrare in conflitto con la famiglia. Il padre ha espresso più volte la sua preoccupazione con la moglie, «palesemente esasperato dall’insostenibile grado di fanatismo raggiunto dal figlio». Lo scorso 31 maggio ha detto alla donna: «Questo vuole morire, sta andando a morire ti dico». Pochi giorni dopo, intercettato dalla Digos, spiega che ormai il figlio ascolta solo «quelli che spenderanno soldi per te, ti mantengono e ti dicono “vai a farti esplodere in aria“». Conversazioni che, annota il gip, dimostrano «la drammaticità della situazione che si è creata e il dolore inconsolabile del padre che è consapevole di essere molto vicino all’interruzione definitiva del rapporto con il figlio».

Ghiyas Jrad ha fatto un ultimo tentativo per allontanare il figlio dagli estremisti, organizzando un incontro con un imam del Varesotto. La parole del religioso sono rimaste inascoltate, e il figlio ha coinvolto nel progetto del viaggio verso la Siria anche il fratello minore, Abdulwareth, indagato a piede libero. Un viaggio che infine è stato bloccato dalla polizia. Dopo il fermo, Ghiyas Jrad continua a stare vicino al figlio in carcere, difendendolo e descrivendolo come un «ragazzo serio e tranquillo».

Una figura opposta rispetto a quella del padre di un altro presunto foreign fighter arrestato nel Varesotto, il 19enne marocchino Abderrahmane Khachia, fratello del «martire» Oussama Khachia morto dopo essersi unito all’Isis in Siria. I genitori sono stati espulsi dall’Italia in quanto ritenuti «persone potenzialmente pericolose per la sicurezza del nostro Paese». In particolare il padre, Brahim, avrebbe aiutato Oussama a trasferirsi in Siria, cercando di fornire anche al fratello minore Abderrahmane alcuni contatti necessari per organizzare il viaggio verso le terre del sedicente Califfato.