Tangenti in Lombardia, Caianiello: "Ho sbagliato, ma ora basta con la politica"

Torna in libertà per scadenza dei termini, con lui gran parte degli indagati dell’inchiesta “Mensa dei poveri”

Il “mullah“ Nino Caianiello coinvolto nell’inchiesta sulle tangenti lombarde

Il “mullah“ Nino Caianiello coinvolto nell’inchiesta sulle tangenti lombarde

Varese, 7 novembre 2019 - Sei mesi fa, lo scorso 7 maggio, scattarono gli arresti nell’ambito dell’inchiesta “Mensa dei poveri”, che scoperchiò un presunto sistema di tangenti e spartizioni di appalti e nomine, con un terremoto per Forza Italia in Lombardia. Tutti gli indagati, da ieri, sono tornati in libertà, per scadenza dei termini di custodia cautelare. Solo l’imprenditore Daniele D’Alfonso, titolare dell’azienda del settore rifiuti e bonifiche ambientali Ecol-Service, resta agli arresti domiciliari, in quanto gli è contestata l’aggravante di aver favorito la ’ndrangheta, il clan dei Molluso. Tornano a piede libero, quindi, lo storico esponente di Forza Italia a Varese Nino Caianiello, detto il “Mullah”, e l’ex consigliere comunale azzurro a Palazzo Marino Pietro Tatarella, candidato alle elezioni Europee quando scattò il blitz. Entrambi si trovavano agli arresti domiciliari. Esce dal carcere, invece, Mauro Tolbar, presunto collettore delle mazzette, collaboratore dello studio tecnico di uno degli indagati, il deputato di Fi Diego Sozzani.

Caianiello , nella prima giornata trascorsa fuori dai domiciliari, ha fatto visita ai figli e al suo difensore, l’avvocato Tiberio Massironi, per un caffè nello studio. «Ho sbagliato e voglio cambiare vita, basta con la politica», ha detto l’ex esponente di Forza Italia che manovrava politici e imprenditori come un burattinaio. Secondo le accuse, incassava mazzette all’Haus Garden Cafe di Gallarate, un bar che usava come “ufficio”, disponeva nomine e incarichi in società partecipate del Varesotto. «Ha scelto di collaborare con gli inquirenti - spiega l’avvocato Massironi - e nelle prossime settimane sono in programma nuovi interrogatori. Alla chiusura delle indagini preliminari definiremo la nostra strategia, anche sulla base dei patteggiamenti degli altri indagati».

Strategia che comporterà un tentativo di accordo con la procura per patteggiare una pena oppure una richiesta di processo con rito abbreviato, che comporta lo sconto di un terzo della pena, facendo pesare l’attenuante della collaborazione. L’obiettivo, per il “Mullah”, è quello di evitare di tornare in carcere dopo la condanna. Torna libero, tra gli altri, anche l’ex dipendente Amsa e sindacalista Sergio Salerno. Caianiello, Tatarella, ma anche il consigliere lombardo di FI Fabio Altitonante (finito ai domiciliari e già rimesso in libertà nei mesi scorsi), furono tra le 28 persone che lo scorso 7 maggio vennero arrestate (12 in carcere e 16 ai domiciliari) nel blitz che portò Gdf e Carabinieri, coordinati dai pm Bonardi, Furno e Scudieri, a notificare altri 12 provvedimenti di obbligo di firma in un’inchiesta con oltre 100 indagati. Oggi è fissata un’udienza per decidere su 11 patteggiamenti a pene comprese tra 1 anno e 8 mesi e 3 anni (per Alberto Bilardo, ex segretario di FI a Gallarate e uno degli uomini più vicini a Caianiello) con l’attenuante della collaborazione. Nel frattempo, la tranche principale dell’inchiesta a carico di 71 persone, tra cui gli stessi Tatarella e Altitonante e anche per il deputato di FI Diego Sozzani (per lui la Camera a settembre ha negato l’arresto), è stata già chiusa nei giorni scorsi in vista della richiesta di processo. Restano aperti, comunque, diversi altri filoni della maxi inchiesta anche su Sozzani e sull’ormai ex eurodeputata azzurra Lara Comi, anche sulla base degli interrogatori in serie che Caianiello sta continuando a rendere. Infine, in un altro filone, che non c’entra col sistema di tangenti e finanziamenti, è indagato per abuso d’ufficio per una nomina di un suo ex socio di studio il governatore lombardo Attilio Fontana. Gli inquirenti, dopo una nuova acquisizione di documenti e dopo una richiesta di proroga delle indagini, dovranno decidere se chiedere l’archiviazione o chiudere l’inchiesta per una richiesta di rinvio a giudizio.