L’ultimo custode della stazione di Ghirla: "Non fate morire il gioiello liberty"

Fino al 2000 ha abitato nell’edificio, poi l’abbandono

La stazione di Ghirla della tramvia della Valganna

La stazione di Ghirla della tramvia della Valganna

Valganna (Varese), 9 aprlie 2017 - Per vent'anni, dal 1980 fino al 2000, Benito Laudati ha vissuto assieme alla moglie e ai quattro figli, tre femmine e un maschio, nell’antica stazione di Ghirla, «la più bella» tra quelle lungo la linea dell’antica tramvia della Valganna, che da Varese correva fino al confine con la Svizzera. L’ultimo custode dell’edificio chiuso da anni e bisognoso di una ristrutturazione - costruito tra il 1913 e il 1914 sulla base del progetto di uno dei maestri del liberty italiano, Giuseppe Sommaruga - ha tenuto come ricordo una vecchia macchina per obliterare i biglietti.

«Funziona ancora, solo che l’inchiostro non è più in commercio», spiega Benito, 80 anni. All'esterno dell’edificio sono ancora visibili le tracce del passaggio dell’ultimo abitante, come l’antenna del telefono e uno stendibiancheria. Il tetto è da rifare, le antiche pensiline costruite tra l’agosto del 1931 e l’ottobre del 1932 ora utilizzate per la fermata degli autobus di linea sono coperte di ruggine. Il luogo, però, ha mantenuto intatto il suo fascino, e ricorda i tempi in cui i gitanti milanesi raggiungevano con la tramvia la Valganna, per respirare aria buona nei boschi e in riva al lago. «Sono nato a Avellino e da giovane decisi di trasferirmi in provincia di Varese in cerca di lavoro - racconta Benito Laudati - nel 1974 trovai un impiego come autista degli autobus e, in seguito, responsabile della stazione di Ghirla. Negli anni ‘80 sono andato a vivere nell’antico edificio, pagando un affitto mensile, e ci sono rimasto fino al 2000». Benito ricorda le giornate trascorse al volante degli autobus, con il freddo pungente d’inverno e il caldo d’estate, avanti e indietro sulle strade che conducono a Luino e Ponte Tresa. La sera parcheggiava il bus nel piazzale e tornava nella sua abitazione al secondo piano della stazione, sopra la biglietteria. Il lavoro era, letteralmente, sotto casa. «Nel corso degli anni ho rifatto la cucina e il bagno - racconta -. Mi piaceva vivere in quell’edificio, nonostante alcuni disagi come la difficoltà nel riscaldare le stanze, dal soffitto alto quattro metri».

Nel 1995 Benito è andato in pensione, ed è rimasto a vivere nella stazione fino al 2000. Poi si è trasferito nella casa della figlia, sempre nell’Alto Varesotto. «Il tetto era da rifare - spiega - erano necessari diversi lavori. È un peccato che da allora l’edificio sia rimasto abbandonato, mi farebbe piacere se venisse ristrutturato e riutilizzato, magari come museo della tramvia». Protetto dal vincolo come immobile di interesse storico-artistico, l’edificio è di proprietà del Demanio, che l’ha concesso in uso alla società Autolinee Varesine. E, quindi, dovrebbe essere lo Stato a occuparsi del restauro. Negli anni scorsi era stato inserito nell’elenco dei beni alienabili, in vendita al prezzo di circa 300mila euro che, probabilmente, non ha portato a un boom di offerte. La riqualificazione potrebbe anche incentivare il turismo, sull’onda di un interesse per l’architettura che nel 2014 ha spinto l’agenzia Morandi a organizzare un “Liberty Tour” tra Milano e Varese, con autisti in abiti d’epoca. «In tre anni abbiamo raggiunto quota 1.500 partecipanti, con il picco nell’anno di Expo», spiega Michele Sartoris, presidente della società. E il 27% dei turisti sulle tracce del liberty arriva dall’estero.