Saronno, l’etica perversa dell’angelo-demone

Una scelta di "etica medica" o, come ha precisato nell'interrogatorio di garanzia, presa con l’intenzione "di alleviare sofferenza". Così si è espresso Leonardo Cazzaniga riguardo al "protocollo"

Il carcere di Busto Arsizio

Il carcere di Busto Arsizio

Saronno, 3 dicembre 2016 - Era una scelta di «etica medica» o, come ha precisato ieri nel suo interrogatorio di garanzia, presa con l’intenzione «di alleviare sofferenze». Così si è espresso riguardo al «protocollo» da lui adottato Leonardo Cazzaniga, il medico sessantenne arrestato martedì con l’accusa di aver volontariamente posto fine alla vita di almeno quattro pazienti in Pronto Soccorso a Saronno e poi di aver collaborato all’omicidio del marito della sua compagna, l’infermiera Laura Taroni, arrestata insieme a lui. Il convincimento del medico arrestato si evince dalla testimonianza resa ai magistrati da uno degli infermieri che lo ha accusato, oltre che osteggiato apertamente in reparto, quando lui si apprestava ad utilizzare il «suo metodo» con i pazienti. In particolare, dopo aver inviato una segnalazione scritta alla direzione sanitaria, che diede il via alla commissione interna risoltasi in un nulla di fatto, l’infermiere ha spiegato agli inquirenti di aver espressamente domandato al dottor Cazzaniga se, uno dei pazienti da lui trattato, fosse morto per intervento suo. Nelle carte si legge la sua testimonianza: «Ricordo di avergli chiesto chiaramente se era stata la somministrazione di questi farmaci a provocare la morte del paziente e lui mi ribadì che era una questione di etica medica che trascendeva le mie competenze».

Sempre secondo gli investigatori, in tutti e quattro i casi contestati al medico indagato, vi sarebbero «analogie talmente evidenti - sotto il profilo del tipo di terapia farmacologica adottata e del tipo di paziente - da consentire di ritenere provato, pur in assenza di un documento analogo alla segnalazione dell’infermiere, che si sia trattato di ulteriori casi di consapevole applicazione del medesimo protocollo». Nel 2015 (quando sospettava di essere indagato), invece, Cazzaniga si rifiuta di attuare la sua «procedura», come richiestogli dalla compagna Laura durante una telefonata intercettata. L’infermiera gli spiega «abbiamo bisogno di una tua procedura». Lui le risponde «una mia procedura? No!». Ma Taroni lo incalza «dai forza vieni qua che c’è bisogno di una tua procedura». Secondo le carte Cazzaniga cambia discorso. Chiede notizie sulla salute del figlio della donna che, però, ritorna in argomento: «Vieni qua che abbiamo bisogno di un po’ di curaro. Propofol e curaro come Michael Jackson». Non la pensava così, forse, quando - a detta di un testimone - andava dicendo «che non gli sembrava sensato produrre sforzi per curare pazienti che comunque entro poco tempo sarebbero morti». Oppure - è sempre un altro infermiere a parlare - quando diceva «a un collega oncologo che se aveva bisogno di posti letto passava lui in reparto».