Morti in corsia a Saronno, attacco ai medici che insabbiarono: "Agevolarono gli omicidi"

Le motivazioni della sentenza che ha condannato i dirigenti chiamati a giudicare l’operato dell’ex viceprimario Cazzaniga

A destra, Roberto Cosentina, ex direttore sanitario dell’azienda ospedalier

A destra, Roberto Cosentina, ex direttore sanitario dell’azienda ospedalier

Varese, 29 aprile 2020 - «I reati in esame risultano di assoluta gravità. Il favoreggiamento personale e l’omessa denuncia hanno riguardato tre omicidi commessi in ambito ospedaliero ai danni di soggetti fragili che in fase di acuzie si erano rivolti alla struttura del pronto soccorso per avere cure e sollievo al loro dolore". Nelle motivazioni della sentenza che ha condannato all’ergastolo Leonardo Cazzaniga, ex vice primario del pronto soccorso di Saronno (dieci omicidi in corsia, due nella famiglia dell’amante Laura Taroni) il presidente estensore Renata Peragallo riserva parole severe ai medici della commissione nominata dall’ospedale per verificare l’operato di Cazzaniga.

In quattro - Roberto Cosentina, direttore sanitario dell’azienda ospedaliera; Nicola Scoppetta, dirigente del pronto soccorso e superiore diretto di Cazzaniga; Paolo Valentini, direttore medico; Maria Luisa Pennuto, responsabile della medicina legale – sono stati condannati a due anni e sei mesi di reclusione. "Attraverso tali condotte - stigmatizza la sentenza - è stato consentito al soggetto agevolato di proseguire nell’attività criminosa. Gli imputati non hanno manifestato alcuna resipiscenza né hanno fornito alcuna collaborazione all’autorità giudiziaria. Neppure sono emersi elementi nel corso del dibattimento che consentano una differenziazione in concreto delle condotte poste in essere dagli imputati in esame. Ne consegue l’applicazione della pena nella stessa misura per tutti".

La commissione era stata costituita dopo le segnalazioni di due infermieri del pronto soccorso, Clelia Leto e Radu Iliescu. Ciascun componente aveva redatto una relazione e il coordinatore Valentini aveva predisposto la nota conclusiva. Gli infermieri avevano ricevuto una risposta scritta nella quale, scrive la sentenza, "si precisava che i componenti medici della commissione avevano concluso i loro accertamenti appurando che i farmaci somministrati da Cazzaniga, pur utilizzati in elevati dosaggi, erano riconducibili alla sedazione terminale e quindi si esprimeva un giudizio di correttezza professionale".