Delitto Lidia Macchi, la richiesta del pg: "Condannate Binda all'ergastolo"

Il sostituto procuratore Gemma Gualdi: "Trent'anni per arrivare alla verità"

Il pg Gemma Gualdi durante la requisitoria (Newpress)

Il pg Gemma Gualdi durante la requisitoria (Newpress)

Varese, 28 marzo 2018 - Processo per l'omicidio di Lidia Macchi, in Corte d'Assise a Varese è stato iniziata la requisitoria del sostituto procuratore Gemma Gualdi. Il pg ha chiesto la condanna all'ergastolo per omicidio aggravato da futili motivi e crudeltà per Stefano Binda, accusato dell'omicidio della studentessa varesina Lidia Macchi. Crudeltà che - secondo il pg - si sarebbe manifestata nel numero (29 coltellate) e nella violenza dei colpi inferti nell'arco di 20-30 minuti sulla giovane vittima. Vittima che è stata "lasciata morire da sola, soffoncando nel suo stesso sangue". Nel corso della requisitoria il pg si è rivolto al collegio giudicante spiegando: "Più di trent'anni per arrivare a una piena e serena dichiarazione di verità, trent'anni di dolore, silenzi, omertà e distruzione di reperti; trent'anni di tranquillo acquattamento dei colpevoli, di coperture reciproche".

Il pg è passato a elencare punto per punto il quadro indiziario contro Stefano Binda, imputato per l'omicidio della studentessa. Innanzitutto è stato sottolineato come i testimoni presnti all'ospedale di Cittiglio la sera del 5 gennaio 1987, da cui esce Lidia Macchi, avesserio notato un'auto chiara di grossa cilindrata e Binda all'epoca possedeva una berlina chiara. E' stata poi citata la testimonianza, ritenuta fondamentale, resa da Patrizia Bianchi, legata da una grande amicizia giovanile con Binda. La donna, dopo aver visto su un giornale la lettera "In morte di un'amica" inviata alla famiglia Macchi il 10 gennaio del 1987, giorno dei funerali di Lidia, riconosce qualcosa di familiare e consegna alla Squadra Mobile di Varese quattro cartoline che la aveva scritto Binda: la consulenza grafologica ha stabilito che la mano che scrive le cartoline è la stessa del componimento. Patrizia Babnchi racconta anche la reazione insolitamente violenta di Binda quando, al telefono, gli dà la notizia che è statro trovato il corpo di Lidia ma che non si trova l'arma del delitto.

Racconta poi un altro episodio. Binda passò a prenderla in auto, le disse che doveva portare una lettera di consolazione alla famiglia Macchi ma prima si fermarono al parco Mantegazza a Varese. Binda scese dall'auto portando con sé un involucro, che doveva contenere qualcosa di pesante, e quando tornò non aveva più l'involucro con sé. Il pg ha ricordato anche le testimonianze sulla conoscenza e la frequentazine fra Binda e Lidia. Una in particolare, quella di Lelio De Fina che ha parlato del gruppo di Comunione e Liberazione ai tempi del'Università Statale, gruppo di cui facevano parte sia Lida Macchi sia Stefano Binda,  per quanto quest'ultimo, essendo ripetente, era ancora iscritto al liceo classico di Arona. La prossima tappa processuale è prevista per il 13 aprile, con l'intervento dell'avvocato di parte civile della famiglia Macchi, Daniele Pizzi. Il 20 aprile parlerà la difesa. Le replice e la sentenza sono previste in data 24 aprile. 

(ha collaborato GABRIELE MORONI)