Fiducioso o sotto minaccia: Matteo è salito sull’auto guidata dal suo assassino

Le indagini sul trentenne ucciso nei boschi del Novarese

I rilievi dei Ris

I rilievi dei Ris

Busto Arsizio (Varese), 10 aprile 2017 - Un'auto di grossa cilindrata o un furgone, avrebbero guidato Matteo Mendola, trentatreenne di Busto Arsizio, ai boschi del Novarese dove è stato ucciso, con due colpi di pistola e uno da corpo contundente alla testa. È questo l’ultimo importante dettaglio emerso dalle indagini dei carabinieri di Novara, titolari dell’inchiesta sulla morte dell’uomo. La sua auto, che già si sospettava lui non avesse spostato da sotto casa, è stata sequestra dagli inquirenti che l’hanno per l’appunto rinvenuta a pochi passi dalla sua abitazione, a Busto.

Le ipotesi messe in campo dagli investigatori per fare luce sul giallo sono ancora tutte al vaglio: il trentatreenne sembra non aver ricevuto minacce di alcun tipo né essere collegato ad ambienti criminali di sorta. Ma qualche spiraglio sembra essersi aperto, portando i carabinieri a ricostruire per lo meno le modalità con cui Mendola si sarebbe spostato da Busto Arsizio a Novara.

Qualcuno, che presumibilmente potrebbe essere il killer, lo ha prelevato da casa facendolo salire a bordo di un mezzo di trasporto di grandi dimensioni, un furgone o un suv (solo quel tipo di veicolo sarebbe potuto arrivare sul luogo del delitto) senza costrizione. Chi lo ha attirato nei boschi del Novarese, quindi, godeva probabilmente della fiducia della vittima, oppure lo ha persuaso o obbligato al viaggio sotto la minaccia della pistola. Dalle analisi delle telecamere di video sorveglianza a Busto e Novara non è escluso che gli investigatori possano già essersi fatti un’idea del mezzo usato dal presunto killer o che lo abbiano già individuato, potendo quindi mettersi al lavoro per risalire al proprietario. Secondo indiscrezioni infine, il movente del delitto, piuttosto “complesso”, sarebbe legato anche a questioni di natura relazionale o passionale.