Delitto Macchi, la madre: "Lidia non avrebbe mai dato un passaggio a uno sconosciuto"

Paola Bettoni ha parlato in aula nel processo contro Stefano Binda

Paola Bettoni nel corso della testimonianza (Newpress)

Paola Bettoni nel corso della testimonianza (Newpress)

Varese, 14 giugno 2017 - Nuova udienza nel processo davanti alla Corte d'Assise di Varese contro Stefano Binda, accusato dell'omicidio di Lidia Macchi, la studentessa varesina uccisa con 29 coltellate nel gennaio  del1987 nei boschi di Cittglio. Grazie al lavoro del sostituto procuratore Gemma Gualdi, sono stati ritrovati nell'istuto di medicina legale di Varese quattro reperti biologici della giovane: si tratta di reprerti cerebrali, encefalici e renali. Inoltre, sempre il sostituto procuratore ha dato notizia che Patrizia Bianchi, il testimone chiave dell'accusa, colei che aveva riconosciuto la grafia di Stefano Binda, suo grande amico all'epoca dei fatti, nella famosa lettera spedita alla famiglia dopo la morte di Lidia, ha scritto una lettera in cui spiega i motivi che l'hanno spinta a collaborare alle indagini.

Ma l'udienza di oggi è soprattutto quella in cui ha parlato la mamma di Lidia, la 75enne Paola Bettoni. La donna, testimone dell'acusa e parte civile nel processo, ha fatto un ritratto della figlia, ricordandola come una ragazza intelligente e accorta, che "non avrebbe mai dato un passaggio in auto a uno sconosciuto". L'ultima volta che madre e figlia si sono viste, secondo la madre che era appena tornata dalla montagna insieme al marito, Lidia appariva assolutamente normale, a parte il fatto che "si lamentava di avere un certo mal di stomaco". Riguardo a Binda, invece, la madre della studentessa assassinato ha detto che "per quanto è a mia conoscenza, Stefano Binda non faceva parte del giro di amici più stretti di mia figlia: l'ho visto per la prima volta dopo la morte di Lidia, quando è venuto in casa nostra e ho preparato una torta di mele". 

Dopo Paola Bettoni, ha parlato un'amica di Lidia, Nicoletta Buzzetti la quale ha ricordato commossa quando lei e un'altra amica, Cristina, erano andate in un negozio di Varese a scegliere l'abito da sposa con cui vestire di Lidia per il funerale. Sentito anche l'ex dirigente dell'area Penale del tribunale di Varese che aveva notato come i reperti relativi al caso fossero catalogati con scritto fra parentesi "Lidia Macchi", eppure sono stati comunque distrutti. 

Nel pomeriggio è stato il momento di Gianluca Bacchi Mellini - oggi 50 anni - che ha detto di ricordare Binda nel soggiorno a Pragelato. "Binda era in vacanza con noi a Pragelato, dormiva nella mia stessa camerata" ha affermato nel corso del processo davanti alla Corte d'Assise di Varese. Dichiarazioni che confermano l'alibi fornito di Binda, arrestato nel gennaio 2016 con l'accusa di aver ucciso la ragazza vicina a Comunione e Liberazione, che ha sempre sostenuto che nei giorni in cui avvenne il delitto si trovava in vacanza con un gruppo di Gioventù Studentesca a Pragelato, località sulle montagne piemontesi. Un'altra persona ha riferito in aula, trent'anni dopo la vacanza, di ricordare la presenza di Binda. Altri testimoni, invece, hanno fornito dichiarazioni di segno opposto. Secondo le accuse Binda si trovava nel Varesotto tra il 5 e il 6 gennaio 1987, nell'arco di tempo tra la scomparsa di Lidia Macchi e il ritrovamento del cadavere nei boschi di Cittiglio. 

ha collaborato GABRIELE MORONI