Delitto Macchi, l'avvocato della famiglia: "Sconcertati dalla sentenza"

Il legale: "Criticato, con un'efferatezza davvero inimmaginabile ed inaccettabile, l'operato dei poliziotti e dei magistrati che si sono occupati sinora della morte di Lidia"

Lidia Macchi, la giovane uccisa nel 1987

Lidia Macchi, la giovane uccisa nel 1987

Milano, 22 ottobre 2019 - "È una sentenza che lascia totalmente sbalorditi e sconcertati, ma non per il fatto di aver assolto Stefano Binda (e lo sottolineo a caratteri cubitali). Ciò che, di questa sentenza, ha infatti stupito più di ogni altra cosa è l'aver criticato, con un'efferatezza davvero inimmaginabile ed inaccettabile, l'operato dei poliziotti e dei magistrati che si sono occupati sinora della morte di Lidia". Così Daniele Pizzi, legale della famiglia di Lidia Macchi, sulle motivazioni della sentenza della Corte d'Assise d'Appello di Milano, che nel luglio scorso, ha assolto Stefano Binda dall'accusa di avere ucciso la diciannovenne, nel gennaio 1987. "La famiglia Macchi sarà sempre al fianco delle persone perbene che hanno profuso, e ancora profonderanno, ogni sforzo  ed energia per giungere a giustizia e verità sulla morte di Lidia".

"Con il senno di poi - continua Pizzi - è davvero troppo facile e semplicistico definire inutili operazioni come quelle attuate dalla dott.ssa Manfredda (la sostituta pg che riaprì le indagini dopo trent'anni dal delitto, ndr) per ricercare l'arma del delitto sulla collina del Sass Pinì piuttosto che al parco Mantegazza: tutti eravamo consapevoli delle difficoltà di una simile impresa, ma era giusto e doveroso che nulla rimanesse intentato". E ancora: "Se, poi, non fosse stato per la tenacia della Dott.ssa Gualdi (che prosegui l'indagine della pg Manfredda, ndr) dopo che ha fatto qualsiasi cosa affinché non rimanesse inesplorato un solo angolo delle medicine legali del nostro paese, ad oggi parti del corpo di Lidia giacerebbero ancora impolverate in un armadio". Pizzi continua: "Ha, inoltre, fatto davvero molto male leggere le parole che questa sentenza ha riservato ai poliziotti della squadra mobile e al Comandante Cinquarla della polizia locale", a cui "la famiglia di Lidia è e sarà per sempre grata",  "per non parlare della gravità delle parole riservate al sottoscritto".