Delitto Lidia Macchi, 466 testimoni: preti, magistrati ed ex ragazzi di Cl

Elenco record di nomi chiamati in tribunale trent’anni dopo l’omicidio

Stefano Binda (Ansa)

Stefano Binda (Ansa)

Varese, 6 aprile 2017 - Investigatori, periti, consulenti, sacerdoti, medici e infermieri dell’ospedale di Cittiglio, un magistrato, parenti della vittima, amici della vittima e dell’uomo accusato di essere il suo assassino, i ragazzi di Comunione e Liberazione nella Varese degli anni ‘80: un numero imponente di testimonianze richiesto dalle parti al processo che si aprirà il 12 aprile davanti alla Corte d’Assise di Varese per l’omicidio di Lidia Macchi, la studentessa massacrata con 29 coltellate nel gennaio 1987. Unico imputato Stefano Binda, quasi cinquantenne di Brebbia, amico di Lidia, suo compagno di liceo e come lei militante di Cl. Il calcolo numerico dice che sono 466 i testi di cui si chiede la citazione: 83 per l’accusa, sostenuta dal sostituto pg di Milano Gemma Gualdi, cento quelli indicati dai difensori Sergio Martelli e Patrizia Esposito, 283 nella lista testimoniale dell’avvocato Daniele Pizzi, parte civile per la famiglia Macchi. Ma si deve tenere conto del fatto che molte testimonianze richieste sono comuni.

Fra i testi condivisi da accusa, difesa e parte civile c’è Paola Bettoni, la madre di Lidia. Ci sono cinque dei sei che nel febbraio dell’anno scorso vennero ascoltati dal gip di Varese Anna Giorgetti con la formula dell’incidente probatorio: Patrizia Bianchi, da ragazza molto vicina a Binda, che riconobbe la grafia dell’amico nel componimento anonimo “In morte di un’amica” recapitato alla famiglia il giorno dei funerali di Lidia; Paola Bonari, l’amica ferita in un incidente stradale a cui Lidia Macchi aveva fatto visita in quel suo ultimo pomeriggio all’ospedale di Cittiglio; don Giuseppe Sotgiu, a quei tempi l’amico più stretto dell’imputato, la cui testimonianza, al termine dell’incidente probatorio, venne trasmessa alla Procura perché lo indagasse per falsa testimonianza; don Fabio Baroncini, assistente religioso di CL e della Gioventù studentesca di Varese; Stefania Macchi, sorella della vittima. È indicato da accusa e parte civile ma non dai legali dell’imputato Emanuele Flaccadori, uno degli organizzatori del soggiorno dei ragazzi di Gs a Pragelato, dal primo al 6 gennaio 1987, al quale Binda sostiene di avere partecipato. Vengono chieste le deposizioni di alcuni dei giovani che si ritrovarono per quella vacanza; la parte civile li chiede quasi tutti, una cinquantina, compreso Donato Telesca, l’unico che conserva memoria della presenza di Binda.

L'avvocato Pizzi sarà il solo a chiedere la testimonianza di Ottavio D’Agostino, il giudice ora in pensione che autorizzò la distruzione di alcuni importanti reperti del caso Macchi. Difesa e parte civile chiederanno di ascoltare don Antonio Costabile, assistente spirituale dell’oratorio di San Vittore a Varese e anima del gruppo scoutistico frequentato da Lidia, ingiustamente sospettato e definitivamente prosciolto. La parte civile vuole la testimonianza anche dei genitori e delle due sorelle di Paola Bonari. Le tre parti concordano su monsignor Piergiorgio Bertoldi, amico di Binda, oggi nunzio apostolico nel Burkina Faso, e monsignor Marco Ballarini, della Biblioteca Ambrosiana di Milano, all’epoca vice parroco di Brebbia, il paese di Binda e Sotgiu. Fra i testi della difesa anche l’ex sindaco di Varese Attilio Fontana, al tempo pretore a Gavirate.